Monster Chef
Non doveva per forza essere la magia. Poteva essere, uhm, la coltivazione di piante in bottiglia con il metodo Walstad. O la costruzione artigianale di tastiere meccaniche. O l'Ingegneria.
Per Gödel nella strip di oggi ad esempio è stata l'Ingegneria (delle Tenebre): quella cosa che ti viene bene e che assorbirà tutta la tua vita, ma ti lascerà sempre il dubbio che forse qualcos'altro, che non hai mai potuto avere, ti avrebbe appassionato di più.
Per Frieren e Fern, dicevamo la volta scorsa, è la magia. La primavera è il tempo di Frieren: la temperatura si fa mite, i prati si riempiono di fiori colorati, ma certi giorni sono sconvolti da temporali tumultuosi.
Frieren attraversa le brevi vite degli umani avvolta nella sua millenaria solitudine, ma ultimamente sta provando ad aprirsi un po' a queste misere creaturine, a far attenzione alle loro emozioni e ai loro sentimenti, e magari anche anche un po' ai propri... e scopre che “non sarebbe mai riuscita a vedere quest'alba da sola”. Questa battuta con cui si chiudono le prime quattro puntate (di fatto un episodio unico), così placida in superficie ma dai doppi sensi devastanti, racchiude tutto lo spirito di questo - ehm - cartone animato giapponese degno di diventare un classico nei secoli dei secoli.
Ma basta Frieren. Basta Fern. Accantoniamole per tornare a ben altre passioni: tipo Monster Hunter. Qualche pazzo scriteriato che ha consumato il gioco al ritmo di ottanta ore a settimana pretendeva piangendo sui social tanti mostri più difficili!... e, maledetti cani, Capcom vi ha ascoltato! Questo primo aggiornamento include un essere nuovo e divino, un avversario formidabile anche per i cacciatori esperti, una battaglia esaltante dalle coreografie degne di un concerto di Taylor Swift. E con le spoglie ci si fanno dei costumi davvero favolosi.
Dicevamo, in circa dodicimila caratteri qualche settimana fa, che Capcom ha superato se stessa consegnandoci un Gioco-Mondo in cui smarrirsi per sempre, fuggendo da questo brutto mondo reale. Un escapismo autodistruttivo da cui, dicevo sempre in quell'editoriale, sto cercando di tenermi alla larga (da bravo adulto responsabile) con grandissimo sforzo.
Monster Hunter sa essere tutto per tutti: c'è qualche pazzo masochista che vuole i mostri impegnativi, ma poi c'è un Fashion Hunter, o anche le passeggiate rilassate e il collezionismo ossessivo di un Monster Gatherer (definizione mia)... e poi c'è il Monster Chef.
Da sempre la rappresentazione del cibo e dei pasti fa parte della tradizione di Monster Hunter, ma questo ultimo titolo offre una rappresentazione dell'atto di cucinare e mangiare che sconfina abbondantemente nel feticismo. Sono giapponesi. C'è un articolo molto carino ed esauriente in merito, da non leggere a stomaco vuoto.
Dicevamo del brutto Mondo Reale. A cosa mi riferisco? Ecco, un ottimo esempio potrebbe essere la notizia che Cristiano Ronaldo è un personaggio giocabile in Fatal Fury: City of Wolves. Questo Ronaldo, mi dicono, è un calciatore.
Non basta? No, facciamoci più male: un altro personaggio giocabile in Fatal Fury: City of Wolves è... Salvatore Ganacci (?). Questo invece è un DJ, mi dicono.
Se la prospettiva di un nuovo Fatal Fury, e per giunta un seguito del leggendario Garou, mi poteva mettere l'acquolina in bocca, ecco che questo doppio colpo basso mi fa seccare le fauci.
Già stavo quasi per accettare, molto a malincuore, che nell'anno 2025 non si può proprio più avere un picchiaduro di SNK disegnato in 2D. Ma questo no, è troppo. Tutti gli appassionati (ovvero tre vecchietti quarantenni) aspettavano ben altro annuncio di ben altri personaggi! Noi vogliamo rivedere Blue Mary, porco mondo! E invece ci viene offerto Salvatore Ganacci.
Chi si domanda il perché di questa cattiveria gratuita non ha da cercare molto lontano: semplicemente la storica casa giapponese SNK è diventata proprietà del Principe delle Tenebre (questo sì per davvero!), quello saudita. Il quale dopo essersi impadronito di SNK (comprarsi solo un Neo-Geo, come tutti i bimbi col papà ricco negli anni '90, doveva sembrargli una poverata) ci sta buttando dentro tutte le sue altre proprietà, come appunto i suddetti calciatore e DJ.
Capisco che rispetto a, che so, il genocidio nello Yemen, questa nuova impresa del principe saudita faccia un po' meno male, ma insomma è pur sempre un bello spregio: del ridicolo, oltre che di me personalmente.
Le storie inesistenti
Ci pensate a tutti quei tizi che sono partiti per l'addestramento durissimo che li avrebbe resi supereroi e hanno fallito? I fumetti ci raccontano sempre di tutte quelle persone che sono effettivamente riusciti a superare le prove incredibili che non sono alla portata di tutti e quindi sono diventati eroi, però se quelle prove si trovano lì significa che c'è pure altra gente che le ha tentate e ha fallito. Gente che è partita da casa e non è mai tornata, gente presa per pazza che probabilmente pazza lo era. Avevano qualcuno a casa? C'è chi si aspetta ancora che si facciano rivedere? Immagina il dramma "tuo padre non tornerà, si è sacrificato per dimostrare che quella cosa difficile che è riuscita al supereroe di turno era proprio difficile".
Esplorare le parti delle grandi storie epiche che sono meri plot-device o semplici sparate messe lì perché suonano bene o perché servono a darsi un tono è secondo me un esperimento molto affascinante. Ti permette di mettere alla prova la solidità di un universo narrativo, a volte ti mette davanti degli ostacoli che ti costringono a trovare soluzioni logiche non scontate per essere superati. A nessuno, veramente, interessa di tutti quelli che non sono riusciti nell'impresa. Immaginate quante storie, quanto materiale è sepolto, intoccato, sotto un concetto del genere.
Settimana scorsa parlando di kaiju ci siamo imbattuti nella società che ripulisce le strade dei cadaveri dei grossi mostri, alcune settimane prima vi raccontavo del libro di Scalzi sulla società che si occupa di preservare queste stesse creature giganti. Le storie di kaiju, per esplorazioni del genere, sono perfette, perché è inutile negare che la loro mitologia nasce da una storia banale e ridotta all'osso che comprende un dinosauro atomico che cerca di distruggere Tokyo. E' vero che poi, negli anni, a furia di narrare, si è messo in piedi un universo che si è scoperto trasversale tra i media e i narratori, ma comunque il punto di partenza è tutt'oggi piuttosto ingombrante e non completamente risolto, nella sua assurdità. La tentazione (come per esempio in Pacific Rim) è di continuare a procedere sulla linea dell'ignoranza, facendo finta di costruire delle strutture narrative intelligenti, ma in verità facendo sì che tutto l'universo si comporti in maniera idiota senza che nessuno muova obiezioni, dall'altra parte ci si può allontanare dalla vicenda principale, mettersi letteralmente ai suoi piedi, e scovare interi universi di idee stimolanti. Il fatto è che potrebbe essere difficile riuscire a spiegare in maniera credibile perché Godzilla arriva a Tokyo e la attraversa distruggendola, però nel momento in cui assumete come dato di fatto che è successo e vi mettete molto lontano da quelli a cui chiederanno spiegazioni del perché è successo allora potrete realmente mettervi a sviluppare una storia con una sua dignità e anche un suo rigore e anche un suo fascino.
Affrontare questo interessante discorso mi ha fatto ricordare che ho visto l'ultimo film della saga di Godzilla e King Kong, ma per quello che riguarda il mio giudizio desidero essere breve: no.
Il concetto di derivativo è allo stesso tempo affascinante e anche intrinsecamente avvilente e oggi ha un'importanza incredibile, improvvisamente, come non ci saremmo mai aspettati. Una cosa derivativa è una cosa che, per l'appunto, deriva da qualcos'altro, magari qualcos'altro di importante. In questo senso può sfruttare una mole di lavoro che è stato già fatto e che è di ottima qualità per dire qualcosa di nuovo. E' il nano sulle spalle del gigante, ma anche se è un nano può vedere quel pochino più lontano che non è concesso al gigante, perché mentre partendo da zero si deve necessariamente usare un mucchio di tempo per mettere le basi del proprio discorso, con le basi già fatte ci si può lanciare a dire quel qualcosa in più che non c'era stato tempo di dire. Come abbiamo spiegato più e più volte, copiando i trope delle maghette Madoka Magica ha creato un modo tutto nuovo di narrarle. Installandosi come seguito di uno degli schemi più banali di horror spaziale sul mercato, Aliens di Cameron ha creato la mitologia di un mostro che Scott aveva solo descritto in potenza.
Ma derivativo significa, molto più spesso, essere un nano al cospetto di un gigante e non essere capace nemmeno di arrampicarsi fino al livello delle sue ginocchia. Ci sono molte non idee che, appiccicate a un'idea buona, cercano di darsi un senso, ci sono proprietà intellettuali, come si dice nel mondo del business, che hanno prodotto oggetti obbriobriosi che hanno tentato di stare in piedi unicamente grazie al fatto di venire da certe proprietà intellettuali, usualmente fallendo.
Essere derivativi significa avere senso solo perché qualcun altro è stato bravo. Questo ti lascia la possibilità di essere bravo a tua volta (Madoka Magica, Aliens), ma se bravo non sei il risultato sarà comunque mediocre e un po' patetico.
Arriviamo così a parlare di OpenAI che ha stupito il mondo mostrando di poter copiare lo stile dello studio Ghibli per realizzare nuove immagini, un passatempo da tossici del web in cui si sono gettati tutti, ma proprio tutti. Un giochino divertente (che è poi quello che dovremmo dire di tutte le applicazioni dell'IA attuali) che purtroppo ha fatto gridare al miracolo le solite persone impressionabili che hanno già raccontato del tramonto dell'arte e di come le macchine hanno già preso il potere.
Molto semplicemente: non l'hanno fatto. Queste stupide immaginette stile studio Ghibli basate sulle vostre foto di matrimonio sono, come dicevamo sopra, derivative. Sono importanti perché qualcun altro ha creato un certo stile. Solo che l'IA non ci ha aggiunto niente, visto che l'IA non è brava per cui in realtà sono pesce morto. Se non esistessero i film dello studio Ghibli quelle stesse immagini non avrebbero significato niente perché oltre a essere senza un'anima non vi avrebbero fatto ricordare nemmeno le cose belle che le hanno ispirate.
Se voi aveste una cugina grande fan di Miyazaki e brava a disegnare questa potrebbe impegnarsi per disegnare "come lo studio Ghibli". Se è molto brava (e diamine, fino a questo livello ci sono diverse persone molto brave) potrebbe ottenere lo stesso risultato della IA prendendo un'immagine famosa e traducendola nello stile dello studio Ghibli. Questo lavoro le porterebbe via ore di lavoro e le necessiterebbe un certo studio e, cosa più importante non interesserebbe a nessuno. Non interesserebbe a nessuno perché sarebbe un mero esercizio di stile, una prova delle sue possibilità di lavorare per lo studio Ghibli, un esperimento da portfolio che non serve a granché.
Quando voi vedete lo stesso lavoro realizzato da una IA non vi interessa l'immagine in sé, vi interessa che l'IA possa generare altre immagini, possa generare immagini a partire dalle fonti più assurde. In un certo senso vi interessano le fonti (le vostre immagini più care, i meme di internet che vi fanno più ridere, i fotogrammi più interessanti dei film), vi interessa il metodo, ma vi dimenticherete in un batter d'occhio del risultato.
E la cosa assurda è che a vostra cugina fare un'immagine è costato un sacco di sudore e sangue, ma anche l'IA per realizzare la sua ha dovuto usare una quantità esorbitante di risorse, nei termini di un'IA, dimostrando di non essere nemmeno più efficiente, a conti fatti, di vostra cugina.
E con questo chiuderei i discorsi su quest'ennesima presunta vittoria della macchina sull'uomo.
Voi invece cercate di smetterla di pensare a vostra cugina in quella maniera lì.
Editoriale che si chiude. Ero partito con tutta un'idea di discorso, sono finito a farne tutta un'altra. Giuro che era un editoriale su Nintendo, questo, invece lo sarà il prossimo evidentemente. Non so cosa mi è preso, un colpo di vento ha fatto andare la barca in una direzione diversa da quella attesa, ma dove siamo approdati non mi dispiace.
Cymon: testi, storia, site admin“Il bello delle rivoluzioni è che sono belle, liberatorie! Ma poi restano i rivoluzionari;”