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serie
1095, 31/12/2022 - Sacrifici richiesti
1095
31 . 12 . 2022

La fine del viaggio

L'appuntamento odierno ci sorprende a camminare in equilibrio su un crinale d'alta quota: uno spartiacque vertiginoso, che conduce a un piccolo Castello di Greyskull a malapena visibile nella tormenta... non abbiamo ancora scollinato, siamo ancora nel 2022.
Non abbiamo raggiunto la fine del viaggio: non è ancora partita la canzone dei Low Roar messa da DJ Kojima. Non vediamo ancora la nostra meta laggiù, dove si aprono le pendici dei monti: un Centro di Distribuzione Bridges, baluardo di civiltà. Non siamo ancora giunti al ruscello scintillante a fondo valle, gioioso come un lieto fine elvetico di Tutti Insieme Appassionatamente.

Ci aggiriamo ancora di qua dal confine, titubanti. Se pur dobbiamo voltarci indietro per trarre il bilancio dell'annata, lo facciamo con un certo disagio, la bocca ancora piena di panettone artigianale alla crema di pistacchio e caramello salato. Sai mai che il vecchio '22 ci riservi un ultimo perfido colpo di coda!
Dopotutto è stato l'anno delle mancate promesse: anno infido, piagato da tragedie inattese vecchie e nuove. I videogiochi hanno trionfato, ma i videogiochi come tutta l'arte traggono linfa vitale dalla nostra sofferenza.
Come i ragazzini che giocano alla simulazione di guerra atomica su campetti da tennis ghiacciati, anche noi cerchiamo di ridere in faccia all'apocalisse. Abbiamo goduto di tanta arte eccezionale, da Elden Ring a Triangle Strategy, da Horizon La Peluria Del West a God Of War & Thor Con La Panza Da Birra.
Scheletri di gigantesse assise su troni tra le rovine di antiche civiltà sotterranee, bambole stregate che ci sussurrano di sposarle, dinosauri robot magnificamente dettagliati, regine dell'età della pietra fulve e dalle guanciotte ben piene, lucertoloni norreni e troll coloratissimi, saloni maestosi di pietra e ghiaccio, pixel in prospettiva isometrica con un effetto blooming che quasi non fa rimpiangere gli schermi bombati a tubo catodico da 85kg... e poi Pentiment, che rappresenta tutto il carattere di un personaggio nel carattere tipografico dei suoi dialoghi, o magari il rifugio sicuro di Final Fantasy VII Remake (uscito quest'anno su PC), che sicuro non era affatto, ma che ci ha regalato una Tifa Lockhart semplicemente illegale e una Aeris che... bé, sarà l'eterna seconda nel nostro cuore, anche dopo 25 anni, non importa quante moìne e smancerie mi fa.

È stato un trionfo scaturito da un paio d'anni più dolorosi del solito, come un arcobaleno apparso dopo il temporale. Ma un arcobaleno di Death Stranding, invertito e senza il blu.
Tanti giochi ci hanno aiutato lungo il cammino, anche se siamo ancora dentro la notte a “correre coi lupi” come canta Aurora (apparsa peraltro al concerto finale dei The Game Awards 2022, strafatta da far pietà e in evidente stato di alterazione mentale, vedi sopra il discorso sull'Arte assetata di sangue).
E poi ci sono stati i film del 2022, ma va bene che siamo vecchi e ci piace l'Almanacco dell'Anno Passato, ma sto già annoiando perfino me stesso.
Mi permetto invece di dire qualcosa sulle serie televisive che abbiamo omaggiato della nostra attenzione quest'anno. Non di quelle brutte, che la vita è troppo breve per odiarle, ma di quelle più belline. Tra le belline c'è quella con la gente che si guarda male, che ha saputo imprimersi nella nostra immaginazione con un combattimento aereo in sella a draghi volanti che così non si era mai visto da nessuna parte, neppure in una tavola di Segrelles.
Ma non sarebbe la vigilia di Capodanno senza almeno qualche battaglia tra gli spazi stellari: solo serie, di grazia. Abbiamo apprezzato con gusto quella sull'allevamento dei Rancor, perché tra le cupole sabbiose dell'ex palazzo di Jabba The Hutt abbiamo lasciato il cuore da bambini, e siamo disposti perfino a passare sopra gli evidentissimi e macroscopici difetti di questo ritorno moderno.
Ci sarebbe poi l'altra serie ambientata lassù tra le galassie dove si combatte, una per cui gli stolti nutrivano grandi speranze, e tanto più cocente è stata la delusione: ma sorvoleremo. E poi ancora c'è un'altra serie (!) giunta proprio a fine anno: anche stavolta Cymon mi ha preceduto, ma ho anche io qualcosa da dire. Anzi, ho tanto da dire che me lo risparmio per l'anno nuovo: così, come atto di buona volontà, e di fiducia che tra sette giorni il mondo e questo sito e noi saremo ancora qua, con la voglia di dare alla luce qualcosa di bello, o almeno di cercare qualcosa di bello.

Lo-Rez: arte, storia, web design
31 . 12 . 2022

Il pacco di natale

Quest'anno la magia del calendario fa sì che tutti gli eventi più importanti cadano nei sabati di pubblicazione, ispirandoci a essere un po' più celebrativi del solito. Uno scrive 31/12 lì in alto e subito pensa che dovrebbe fare delle lunghe riflessioni sul tempo che passa, sugli anni che girano e sui buoni propositi per il futuro. Probabilmente, visto che siamo sulla scena da parecchio, è probabile che questa situazione si sia già presentata in passato (le permutazioni sono meno di quelle che credete o i nostri anni sono più di quelli che vi aspettate) e probabilmente è stato più facile fregarcene, ma stiamo diventando vecchi e i vecchi alle celebrazioni finiscono per tenerci. Non finirò però, con vostra sorpresa, a scrivere un'intera colonna sugli stucchevoli argomenti di cui sopra perché sono arrivati i videogiochi e i videogiochi ci hanno salvati. Salvati dall'essere noiosi? Salvati dall'essere vecchi? Chissà. Ma ci hanno salvati.

Come già fatto altri anni anche quest'anno Epic ha fatto regali in batteria per tutto il periodo di natale. Ovviamente non tutti i titoli sono stati clamorosi, ma come da prassi sapevamo un po' tutti che l'iniziativa sarebbe culminata in un triplaA. Sinceramente, però, sono rimasto sorpreso quando la piattaforma ha deciso di dare via nientemeno che Death Stranding. Certo, un pastrocchio organizzativo ha reso il rilascio ancor più clamoroso e aperto una piccola crisi politica, ma in generale mai avrei pensato che Epic andasse a spendersi questa moneta, nella mia testa Death Stranding è un gioco ancora sotto i riflettori, in cui la gente ancora sta riflettendo se spendere soldi, in realtà con tutto il parlare che se ne è fatto, probabilmente nella mia testa Death Stranding non è più nemmeno solo un videogioco e allora vederlo lì, assieme all'ultimo giochino indie fatto in Unity che ha venduto così così e ormai ha dato tutto quello che poteva dare mi ha fatto particolarmente strano.

Se adesso mi mettessi a parlare estensivamente di Death Stranding meriterei di essere frombolato dal più banale dei gatekeeping, perché me ne sono stato zitto per un mucchio di tempo e ora non mi sento proprio il diritto di elevarmi a narratore solo perché mi è finito il titolo tra capo e collo gratis, soprattutto considerando l'abbondante, straripante lavoro fatto invece dal mio compare di colonna. Vale però il fatto che l'ho installato, vale il fatto che sono già a 16 ore di gioco (che sono tantissime, per i miei standard) e insomma, almeno dovete permettermi di spendere un paio di parole almeno sul rapporto personale con questo titolo. Anche perché converrete che è uno di quei titoli in cui forse il rapporto personale che si sviluppa conta particolarmente. Death Stranding non è solo un videogioco come un BB non è solo attrezzatura.

Non sono mai stato un fan sfegatato di Kojima, avendo mancato l'era di tutte le Playstation non sono mai stato un estimatore di Metal Gear Solid, che ho retrogiocato non molti anni fa senza trovarmi a immergermi abbastanza per andare oltre il primo boss. Non ho mai condiviso l'idea di videogame punitivo di Kojima perché non ho più la forza di andare oltre certe barriere e non riesco a sentirne la necessità. Pur partendo da questi presupposti sono sempre stato fermamente convinto che Death Stranding, visto da fuori, fosse un grande gioco, perché la cura del dettaglio era evidente e non era possibile che le testimonianze delle persone fossero così fuori target. La mia percezione è sempre stata che Death Stranding fosse il miglior gioco della sua epoca e considerando che la sua epoca, ahimè, come ripetiamo spesso, è piuttosto oscura, non ho mai fatto fatica a credere che lo fosse di gran lunga.
E anche così devo però ora ammettere che lo stavo sottovalutando.

Non voglio entrare nel merito della storia, della recitazione e della narrazione o nel fatto che pur come tutto il lavoro che c'è stato dietro secondo Kojima nessuno l'ha capito però fermiamoci pure all'osso del suo gameplay, un osso che c'è, anche se sotto tutto questo: Death Stranding è un gioco in cui lo scopo è andare dal punto A al punto B. Quest'attività c'è in tutti i videogiochi, è il riempitivo di qualsiasi gioco esplorativo ed è terribilmente noioso. In Death Stranding questo è il fulcro del gameplay e della sua filosofia ed è fottutamente divertente.
Volutamente mi tengo lontano dal lavoro psicologico, dalla filosofia e dalle metafore che ogni tanto nei mesi Lo-Rez ha sbucciato proprio perché sono quegli argomenti su cui sento moralmente di dover tacere, però come videogiocatore che si è limitato a installarlo e provarlo con la curiosità dell'ignorante la sensazione che realmente mi ha traumatizzato, per quanto inattesa, è questa: andare da A a B è divertente. E intendo andarci semplicemente, senza picchiare MULI o dare la caccia a CA o risolvendo enigmi. Andare e basta. Tutto il resto è un corollario ricco di sfide e sofferenza che serve solo a rinforzare l'atto principale.
Potete aprire infiniti altri discorsi, ma nella mia opinione ribaltare il noioso per il divertente e rendere l'inutile il doveroso, fare sì che la funzione principale dei due tasti del mouse sia mantenere l'equilibrio piuttosto che sparare ai mostri, dal punto di vista del mero gameplay, significa vincere tutto. Poi, da lì, puoi anche cacciare dentro tutti i tuoi sogni più storti e astrusi e sostanzialmente mettere in fila dialoghi in cui, in ognuno, viene introdotta una nuova techno(philosophical)bubble senza soluzione di continuità. Te lo sei meritato. Lo puoi fare. Hai il mio permesso.

Death Stranding si è appoggiato comodo comodo sulle mie ferie, in cui ha trovato del tempo per sedurmi. La prova del fuoco sarà settimana prossima, quando tornerò a lavorare, la pulsione di consegnare a quel punto dovrà duellare con molti altri bisogno. Quello che sento oggi è che c'è ancora molto da scoprire nel gioco e per ora non l'ho nemmeno sentito punitivo come scrivevo all'inizio. Perché sì, è punitivo pensare che ogni volta che ti trovi a correre rischi di inciampare e rompere il carico, ma dover gestire anche questo è, lo ribadisco, divertente.

“Shut my eyes / I'm not here / There must be some mistake / Don't be so serious / Don't be so serious / Don't be so serious / Don't be so serious”

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