Strip
serie
993, 05/12/2020 - In conclusione
993
05 . 12 . 2020

Come un drago

La pioggia fuori suona bene quasi quanto quella dentro Death Stranding, che però è una pioggia che ti scende sul cuore. Questa pioggia dicembrina mista a nevischio e vento invece ci colma di gioia & di fomento: finalmente è giunto il nostro momento! È giunta l'ora di mettere alla prova l'abbigliamento tecnico che abbiamo assennatamente scelto negli anni... HA HA HA!
L'atmosfera ci tira addosso tutto quello che ha, ci è ostile con l'acqua e con il vento e con il freddo, e poi a tradimento si scosta per farci surriscaldare dal sole. Ma noi praticanti dell'antica scuola di ACRONYMJUTSU siamo pronti a parare tutti i colpi. Siamo determinati ad uscire fuori a piedi, perché è una delle poche cose che la Situazione non ci ha tolto.
Resilienti di fronte alla Sesta Estinzione, sempre per citare Death Stranding, noialtri esseri umani abbiamo aspettative assai malleabili, e l'asticella della Felicità è assai mobile e sempre relativa: è la nostra unica abilità speciale.

Su di noi incombe Cyberpunk 2077. La sua presenza è talmente ingombrante da filtrare persino attraverso la rigida barriera di rifiuto e ignoranza che da sempre circonda i media generalisti italiani. Ma prima di arrenderci anche noi allo Spirito del Tempo, voglio dare oggi un po' di spazio a giochini minori per risonanza mediatica.
Come ai bei tempi.
E Yakuza: Like A Dragon veramente sembra un titolo d'altri tempi, non nel senso che riprende stancamente la grafica 16bit per far leva sulla nostalgia, ma nel senso che va per la sua strada ignorando le tendenze del momento.
Ci voleva coraggio, un coraggio da drago, per prendere la serie più redditizia di SEGA nell'ultimo decennio, che è azione in stile open-world, e trasformarla in un RPG con combattimenti a turni. Voglio dire, va bene che sono giapponesi, ma questa è follia perisno per loro! Però funziona.
Oh, se funziona! Aggiungeteci una trama che spacca tutto, un'epopea drammatica incontenibile come cento film di Takeshi Kitano concentrati tutti insieme.
E poi c'è l'ambientazione giapponese a più non posso, che mescola la tamarraggine degli yakuza anni '80 con tutti gli stereotipi dell'RPG nipponico... come si fa a non amarlo? I punti esperienza e le abilità e tutto quanto, sembra suggerirci il gioco, sono soltanto nella testa del protagonista, che è un po', uhm, ossessionato perfino per gli standard del suo paese.
(Compresa la già famigerata “Love Skill”.)

E allora va', Yakuza Like A Dragon, va' nel mondo e insegna agli adolescenti a giocare d'azzardo al pachinko mentre fumano e bevono a più non posso. COME UN DRAGO.

Lo-Rez: arte, storia, web design
05 . 12 . 202

Somme e quozienti

Che poi non è che quando uno dice "in conclusione" la gente sta attenta perché effettivamente si aspetta di sentire qualcosa di interessante. Di solito capita che dopo che uno ha detto "in conclusione" faccia anche una domanda e allora se non vuoi proprio fare scena muta meglio che stai a sentire almeno quell'ultima frase, tanto per arrabattare una risposta qualsiasi.
Fate tesoro dei consigli di FTR, nessuno ve ne darà di più genuini. E nessuno userà mai con voi con altrettanta arroganza la parola "arrabattare".

Settimana scorsa è capitata di nuovo quella cosa creepy per cui io e Lo-Rez abbiamo detto le stesse cose. A voi magari non sembrerà così straordinario, ma guardate che visto da dentro è realmente inquietante perché pur avendo un sostrato molto simile non è che io e il compagno di colonna ci scambiamo così tante informazioni da prevedere che cosa diremo ora di sabato. Questa sintonia ha quel non so che di paranormale.

Come andate? Io tutto bene, grazie. Il NaNoWrimo di cui vi parlavo un po' di settimane fa si è concluso felicemente, sono riuscito a platinare la sfida portando a casa tutti badge disponibili e adesso ho in saccoccia un manoscritto nuovo, come prometteva l'evento. E' una cosa un po' diversa da quelle che scrivo di solito (non che voi sappiate di cosa sto parlando), ma sono molto soddisfatto, nonostante il modo un po' buffonesco in cui è nato. Adesso aspetto di avere un momento libero e poi mi sa che lo luciderò per bene, cercandogli un qualche futuro. Si, bisogna trovare un momento libero per fare una cosa del genere perché lockdown o non lockdown, vita sociale ridotta o non vita sociale ridotta è quasi un anno che scrivo tantissimo, in modo quasi ininterrotto e pure un po' preoccupante. Credevo di aver finito a ottobre e poi gli si è messo in mezzo il NanoWrimo e adesso siamo a dicembre e ho ancora altri lavori da risistemare. Prendersi una vacanza dai propri hobby può apparirer paradossale, ma a volte è più complicato di quello che si creda.

Visto che siamo in vena di aggiornamenti sappiate che con Pillars of Eternity stiamo andando avanti, ormai ho accumulato qualcosa come 35 ore di gioco, qualcosa da celebrare qui come un piccolo evento. Non c'è niente che lo discosti da un qualsiasi RPG occidentale alla D&D genuino, ma non posso negare che funziona, con tutte le sue meccaniche e le sue idee e scorrazzare su e giù per le sue terre lo trovo piacevole. Non ho urgenza di finirlo, che poi è il modo per rendere questi giochi più semplici. Se ti godi semplicemente le side quest piano piano senza voler puntare direttamente al successo alla fine arrivi alle battaglie che contano pompato di XP e oggetti extra che rendono tutto più accessibile. La storia, di solito, in questo tipo di giochi è qualcosa che non guardo mai, perché usualmente si finisce con l'affondare così tanto nei cliché che non è facile trovare degli spunti genuinamente interessanti. PoE però ha alcuni aspetti degni di nota, dal conflitto tra popoli mai risolto, alla grande Guerra del Santo fino ad arrivare all'animanzia intesa come una versione della magia spregiudicata. Anche questi piccoli tocchi, assieme a un meccanismo molto agile che funziona molto bene, aiutano a continuare a giocare giorno dopo giorno.

L'isolamento e tutto il resto hanno persino ampliato le mie opportunità di divorare prodotti multimediali. Ho fatto il rewatch di Lady Oscar dopo, boh, probabilmente trent'anni. Ovviamente ora ho capito molto più della serie di quanto mai potei tanti anni fa. Per esempio è impressionante quanta sia l'aderenza storica, al netto del personaggio di Oscar, e di come la maggior parte dei personaggi rappresentati siano realmente esistiti, così come anche gli eventi cardine che hanno portato alla rivoluzione siano riportati senza filtro, in tutta la loro politica complessità. Se avessi notato tutto questo da piccolo, probabilmente avrei imparato la rivoluzione francese molto meglio di come l'ho imparata a scuola e molto prima. Un po' come è invece successo con la mitologia greca.
Dal punto di vista narrativo, invece, bisogna ammettere che il cartone ha un'ampia parte iniziale estremamente statica dove, per l'appunto, la narrazione storica ha il sopravvento e la nostra protagonista è poco più che una spettatrice defilata. Prima che subentri la noia, però, la narrazione decolla diventando un big drama a tutto tondo, pieno di scene madri clamorosi e personaggi dalla grande potenza emotiva. Questo fa si che, nonostante tutto, il risultato definitivo sia maiuscolo, anche rivisto con occhi adulti. Trovo anche molto curioso come in effetti non ci sia presa di posizione sulla rivoluzione. Da una parte si espongono le ragioni del popolo, dall'altra non c'è mai un tratto realmente negativo evidenziato nel re e soprattutto nella regina (che anzi passa sempre per un personaggio "buono", per come è scritto). Aspetto questo di ulteriore ricchezza.

Bene signori, siamo nel cuore del ponte dell'immacolata. Immagino non siate andati a sciare, ma che abbiate in casa una PS5. Non è quindi questo il posto giusto dove vi potete lamentare.

“No, Oscar, per quanto ne so io, l'amore porta solo a una lenta e triste agonia”

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