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937, 19/10/2019 - Messaggi d'errori
937
19 . 10 . 2019

Metaverso

Gli Ingegneri e i loro disegnetti alla lavagna: dev'esserci qualcosa nel pennarellone colorato che esercita un richiamo irresistibile. Ne fanno le spese anche Neo e Gödel in questa strip.
Noialtri invece saremo forti, e anche questa settimana ci asterremo dal parlare del Gioco Che Non Deve Essere Più Nominato, almeno fino all'8 novembre. E ci asterremo anche dal fare pubblicità a titolo gratuito per abbigliamento tecnico di designer.
Di che cosa parleremo, dunque? Noi qui siamo un sito di videogiochi, per cui di Fortnite, e di che altro? HA HA HA!

Buona, questa. Perché se è vero che siamo un sito di videogiochi, è altrettamento vero che siamo vecchi come Noè, e non c'è posto nel nostro mondo per queste robe da giovani.
Riflettiamoci un momento: i videogiochi hanno ormai abbastanza storia alle spalle che possono esserci videogiocatori vecchi. Impensabile fino a poco fa.
Ma non sto scherzando, voglio davvero parlare di Fortnite: o meglio lascerò parlare questo articolo su Fortnite, che dice cose molto profonde e interessanti, ben più di quanto potrei fare io che sull'argomento non ne sapevo nulla. Molto interessante ad esempio la riflessione sul vuoto assoluto di personalità che è Fortnite: nessuna narrativa, nessuna personalità, nessuna visione artistica coerente. Un modello di business perfetto, perché il vuoto è fatto per essere riempito con promozioni di film o altri giochi ricchi e famosi.
La tesi di fondo di questo pezzo è che Fortnite sta ponendo le basi per il Metaverso. Whoa! Il suo successo planetario lo rende il candidato ideale: nella storia dell'umanità non c'è mai stato nessun luogo reale o virtuale capace di aggregare così tante persone contemporaneamente. In più, l'intera economia del gioco gira attorno ai costumini e agli effetti cosmetici per personalizzare il nostro avatar, e anche questo è uno dei capisaldi del Metaverso immaginato da Neal Stephenson e poi anche da William Gibson e da tantissimi altri (tra cui quella sciocchezza di Ready Player One).

A quanto pare però nemmeno il Metaverso sarà un paese per vecchi.

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19 . 10 . 2019

Realpolitik

Mi accorgo che, nonostante l'argomento principe di questo sito, non abbiamo mai trattato nelle nostre pagine di Cicciogamer. Bene, continueremo così.

Torniamo invece all'argomento che ha tenuto banco settimana scorsa. Sembra che Nintendo non stia supportando il lancio di Overwatch su Switch sempre per la questione del BoycottBlizzard. Prima di sperticarci ricordiamoci che Nintendo, come azienda giapponese, ha certo abbastanza facilità a mettersi contro dei cinesi e allo stesso tempo le sue policy oserei dire sovraniste l'hanno sempre portata a trattare bizzarramente i prodotti provenienti da oltreoceano. Anche con questi distinguo, però, è un gesto importante, che si accorda con il ragionamento che ho fatto settimana scorsa su come delle grosse multinazionali devono prendersi la responsabilità di quello che fanno. Servirà? Non servirà? E' certo che la storia di Hong Kong è più grande di Nintendo, più grande di noi e di certo per di là dall'avere una soluzione, ma forse gesti del genere aiutano a creare una coscienza globale di classe di cui abbiamo disperatamente bisogno. Se le aziende non si possono più vedere come subordinate alle loro nazioni (e spesso è così) è necessario che si pongano il problema del loro comportamento in prima persona.

Ma allontaniamoci un momento da questa vicenda molto seria per una segnalazione altrettanto seria. Settimana scorsa ero allo Stranimondi 2019. Lo Stranimondi è un incontro molto bello sulla fantascienza che si tiene ormai da quattro anni a Milano, dove vengono invitati spesso molti degli autori italiani del settore. No, a me no, invitano solo quelli bravi, ma non mi pesa pagare il mio biglietto con comodo. Ho sentito diversi interventi interessanti, tra cui uno dedicato ai videogiochi che mi ha portato a scoprire questo sito di riflessioni. L'idea è molto bella, ovvero mettere a confronto ambiti anche molto lontani sul media videogioco, non solo da un punto di vista commerciale, ma anche da un punto di vista artistico e di comunicazione. Alla fine all'incontro si raccontava come la tavola rotonda del 2018 si fosse alla fine concentrata sul concetto di videogioco come forma d'arte, che è sicuramente interessante (ne abbiamo parlato spesso anche qui), ma a suo modo è anche il tema più nebuloso, in cui più difficilmente si sarebbe potuto trarre conclusioni. Non ha avuto molto spazio invece il tema videogiochi e politica (altra domanda) che invece, per esempio, proprio in queste settimane dimostra quanto sarebbe interessante da trattare. I relatori del talk su questo progetto erano entrambi personaggi importanti nel mondo dei developers di videogiochi italiani. La sensazione che ho avuto ascoltandoli è che in realtà loro hanno messo in comunicazione il loro mondo con un mondo accademico appositamente lontano dal media, ma che così al tavolino mancasse una gamba. Secondo me è infatti importante rilevare che si sono coloro che non si interessano di videogiochi, coloro che fanno videogiochi e anche coloro che li giocano e questa ultima categoria non può essere esaurita all'interno degli sviluppatori, come è vero che un lettore vedrà sempre le cose diversamente da uno scrittore. Mi è sembrato mancasse un punto di vista dal basso, ma anche una visione che avesse ben presente il videogioco come pop-culture e avesse una certa sensibilità storica a riguardo. Chi sono però gli autori "autorevoli" che potrebbero coprire questo ruolo in un dibattito professionale? Alla fine è un po' il lavoro che svolgiamo umilmente noi, che però non siamo nessuno. Esiste una versione "professionale" di noi, cioè dei videogiocatori che possono dalla loro posizione dare una visione del media nelle sue sfaccettature sociali? Stiamo parlando degli youtuber (tornando così paradossalmente al paragrafo di apertura)? O dei giornalisti di settore (con tutto quello che gli abbiamo detto dietro in questi anni...)? Oppure avremmo bisogno degli storici frequentatori di forum degli anni che furono? I leader dei blog che contano dell'epoca di quando nascemmo? Quella gente è ancora in mezzo a noi? Mi sembra una domanda interessante e mi sembra interessante lasciarla aperta.

“Giuro che mi fa arrabbiare questa storia della coerenza / Che solo chi l'ha sempre in bocca riesce a farne senza / Non credo di esser superiore anche io guardo Sanremo / E come diceva Gandhi, "Vincere e vinceremo"”

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