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serie
878, 04/08/2018 - Morte sul lavoro
878
04 . 08 . 2018

Oceano Padano

Dall'alto della Nakatomi Tower avvolta dalle fiamme, con i muscoli da eroe d'azione anni '80 in vista sotto la camicia strappata, ci atteggiamo a una posa politicamente scorrettissima come un Tarzan di Frank Frazetta, stendiamo il nostro fiero cipiglio sulle distese ardenti nella calura globale che soffoca il nostro emisfero, e urliamo al mondo il nostro messaggio pre-vacanziero.

Urleremo, rigorosamente: no Whatsapp della Forza, grazie. Quelle pirlate le lasciamo ai giovinastri emo che non riescono più neppure ad immaginarsi le Guerre Stellari senza i messaggini.

Le prime avvisaglie della vecchiaia incipiente mi fanno rabbrividire anche sotto questa implacabile canicola: è la prima estate che, oltre ai film, perfino la musica dei giovinastri — solo certa musica — mi fa orrore e vorrei mandarli tutti al rogo perché hanno gusti diversi.
Ma così va il ciclo inesorabile della Vita. Natura matrigna. Orrore esistenziale. Fa davvero caldo, non so se ci avete fatto caso.
Scherzavo, quando citavo Oceano Padano di Mirko Volpi: servirebbe più forza d'animo di quella che mi resta, per ripudiare il sollievo della brezza marina e dei tuffi in acqua, perfino ora.
Un'autobiografia per interposta persona, se mai ciò sia possibile, questo Oceano Padano. Occorre una straordinaria eloquenza per sostenere il primato dell'afa e dell'ozio dell'estate padana rispetto al mare, o finanche ai monti o al lago!
Non condivido tutto, ovvio, e se anche per me viaggiare fosse “un'inutile violenza”, quanto sarebbe dolente la mia vita di guerriero errante, che mi porta sovente a vagabondare qua e là per il mondo, senza distinzione di paese o continente...!

E vedete che anche questa volta sono ricaduto nella debolezza che mi affligge ormai cronicamente: dire qualcosa di me, anche in quest'estate che brucia meno forse, ma ci affoga lentamente nell'umidità e nel languore.
Non sono venuto meno però quest'anno alla tradizione di parlare un po' di libri, in questo editoriale estivo. E per non rinunciare anche all'odio, colgo l'occasione per rimarcare ancora una volta l'orribile torto subito dagli Italiani, che sono stati privati di un'opera come Infinite Jest da una traduzione abominevole pubblicata da Einaudi. Ma è solo un altro piccolo atto di malvagità insensata. Il mondo ne è pieno.

Quest'anno il meato di tempo che ci dividerà dalla ripresa delle pubblicazioni di FTR sarà particolarmente lungo, ma confido che l'Illustrazione Estiva saprà farvi dimenticare l'attesa. Provo tanta pietà per voi, piccole anime in pena. Dall'alto di questa Nakatomi Tower ardente.
Ad attendervi, all'altro capo di questa lunghissima traversata, ci saranno sorprese e novità più o meno mirabolanti, a seconda di quanta voglia avremo noialtri due autori di dare ancora un po' di amore a questo sitarello che se n'è ormai succhiato tantissimo, in questi diciassette anni.

“E me ne fregio /
Se non potrò trescare”

Lo-Rez: arte, storia, web design
04 . 08 . 2018

Frullare gli ingredienti

Ultimamente ho completato la terza stagione di The Expanse, serie che ho già incensato numerose volte e di cui non vi serve certo un recap. E' una serie interessante perché proviene da una saga di libri, esattamente come Game of Thrones e per, diciamo, deformazione professionale, è interessante vedere il lavoro per trasporlo da un media all'altro. Ci saranno inevitabilmente degli spoiler.
Intendiamoci, il materiale librario di The Expanse è un po' più semplice di quello di Game of Thrones. Non sono, oggi, un grandissimo fan di Martin, ma è indubbio che c'è un grande mestiere letterario in quello che ha prodotto, sia come scenari che come personaggi che come dialoghi. GoT, come serie di libri, può anche stancare alla lunga (a me ha stancato), ma ci si possono sempre trovare dentro delle ottime pagine, ottime pagine di per sé, al di là della storia. The Expanse, nato a quattro mani, quasi un gioco testuale online, molto ammiccante nei confronti di certe subculture, dal punto di vista dei libri è estremamente più asciutto, è scritto con quel tono un po' moderno che ne fa già una mezza sceneggiatura. Nonostante questo il rimaneggiamento operato da SyFy è molto interessante e a tratti coraggioso.

Innanzitutto, sembra esserci stato, nello sviluppo della sceneggiatura, una sorta di tentennamento, che ha fatto si che all'inizio la serie non prenda esattamente le mosse dai libri, ma vaghi un po' nell'universo su cui essi sono costruiti, in modo un po' turistico e che rende l'inizio piuttosto farraginoso. Il personaggio di Aravasala nel primo volume della saga non esiste, ma viene introdotto da subito per permettere di chiarire lo scenario politico, con le frizioni tra la Terra e le altre fazioni. Questo fa si che tutta la sottotrama sulle navi stealth, che effettivamente si finge inizialmente enigma portante, non abbia effettivamente una chiusura, sebbene aiuta molto a dare peso alla distruzione della Donnager, che altrimenti cade vittima in maniera un po' erratico, considerando che dovrebbe essere una delle più potenti astronavi marziane.
Considerando che, a conti fatti, il primo volume finisce per coprire 16 episodi è evidente che ogni tanto la trama si impantani in delle curiose paludi e, allo stesso tempo, debba a volte uscirne rapidamente, per non divergere troppo dalla linea narrativa letteraria.
Sul secondo volume ci sono tagli abbastanza affascinanti, anche perché finisce per essere coperto in una dozzina di episodi, che è la quantità di materiale più ovvio, per una narrazione del genere. Bisogna dire che Corey (che è uno pseudo-autore, ma per semplicità ci appelleremo a lui come a una persona) fa in realtà diversi "sbagli" narrativamente parlando, che invece la serie corregge. Nel libro, per esempio, il passaggio di Bobbie alle dipendenze di Aravasala è fortemente anti-climatico. Nella serie TV è terribilmente più schizofrenico, ma almeno riesce a dare delle scene cariche di tensione. Questo, per quel che mi riguarda, è molto interessante. Diciamoci la verità, tutti i passaggi di Bobbie che fa le mattane sulla terra, scappa a vedere il mare ed eccetera eccetera, sarebbero difficili da giustificare in un libro (che già le concede un po' troppo), però nella resa della serie TV questi diventano "eventi" che quindi stanno in piedi per conto loro, per la pura forza delle immagini e addirittura riescono a risultare persino più efficaci a livello di trama.
Un altro dato interessante, invece, è quella che evidentemente è l'idea meglio riuscita degli sceneggiatori TV, ovvero la parabola dei profughi di Ganimede. In questo periodo i profughi sono un argomento decisamente caldo e l'intera sequenza viene proposta con notevole intensità, ma è completamente assente nei libri, eppure aiuta a rendere Ganimede più protagonista di quanto non riesca a essere nella versione cartacea.
Il terzo libro, evidentemente, sentiva già l'appressarsi della cancellazione della serie, perché incredibilmente si è deciso di realizzarlo completamente in soli sei episodi. A parte un massiccio rimescolamento dei personaggi (molti cessano di esistere e molti muoiono più repentinamente della trama originale) è un peccato vedere come alcuni passaggi siano proprio compressi e dopo un building della tensione abbastanza convincente un bel momento tutti si trovino in preda a profonda schizofrenia e si lancino gli uni contro gli altri, fino alla soluzione finale. Anche il terzo libro è pieno di errori, bisogna ammetterlo, ma qui, più che correzioni è proprio un frullatore quello che viene avviato (come il tamburo) che rimescolando le cose fa un po' sfumare i dettagli più grezzi.

Beh, ho scritto un vero e proprio pippone meta-letterario, forse interessante solo per me. Mi sono anche trattenuto, sappiatelo, perché ad andare giù con i dettagli ci sarebbe proprio da fare accademia. Ma anche se noi qui a FTR ci teniamo che la vostra vita sia dura, ogni tanto abbiamo dei lampi di pietà

“Oye, Beltalowda. Listen up. This is your Captain, and this is your ship. This is your moment. You might think that you're scared, but you're not. That isn't fear. That's your sharpness. That's your power. We are Belters. Nothing in the void... Is foreign to us. The place we go... Is the place we belong. This is no different. No one has more right to this, none more prepared. Inyalowda go through the Ring, call it their own, but a Belter opened it. We are the Belt. We are strong, we are sharp, and we don't feel fear. This moment belong to us. For Beltalowda! ”

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