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795, 17/12/2016 - Serata in ufficio
795
17 . 12 . 2016

Giocare con una mano sola

Ci sono voluti tanti, tanti anni, ma finalmente sono vecchio abbastanza da non provare assolutamente nulla nei confronti di una cosa come Super Mario per iPhone.
Sono proprio morto dentro.

Sarà che non ho mai avuto molto a che fare con il telefonino di Satana. E neppure con l'altra setta di integralisti tra i più fanatici del settore videoludico, ovvero i pretoriani di Nintendo.
Sarà che questo Super Mario è entrato sulla scena mobile con la grazia dell'idraulico irsuto che sodomizza tua moglie sulla lavatrice mentre tu sei al lavoro.
Ossia, con tanta pubblicità negli ambienti inappropriati, tante polemiche legate alla necessità di una connessione permanente, al prezzo inusitato, e persino al gameplay troppo casual.
Ma vi pare che dovevo vivere fino al 2016 per sentire infine la gente lamentarsi della giocabilità di Super Dannato Mario?! Se ormai neppure Nintendo è più capace di fare bene Super Mario, cosa ci resta? Tutte le nostre certezze sono crollate.
Lo slogan del gioco, e la linea guida del design, è che “ci puoi giocare con una mano sola”.

Non fatemi diventare malizioso.

Ma insomma, non riesco né a gioire né ad arrabbiarmi per un Super Mario che esce per una volta dalla prigione dell'hardware Nintendo in cui da trent'anni è rinchiuso dai suoi creatori. Anche il gioco in sé mi lascia indifferente, non fa per me. A me piace giocare “con entrambe le mani”, se così possiamo dire.
Mi piacciono i giochi per Veri Videogiocatori Alfa, voglio dire, non questi passatempi da onanisti.

L'ultima barriera è stata abbattuta, e la diffusione di Super Mario tra la gente comune è diventata inarrestabile. Si tratta di un nuovo passo della trasformazione della nostra società in una massa di finti nerd, di donne e uomini che ricordano vagamente un videogioco che si chiamava Super Mario, quando erano ragazzini, e che in questo natale 2016 va di moda per passare 5 minuti in attesa che arrivi Uber.

“The Goomba /
The Koopa The troopa /
Which one are you? /
They'll fireflower you /
They'll fireflower you /

This life is a game and we playin' /
Who's in control? /
Don't ask, They'll come for you /
Don't ask, They'll come for you /

Are you the Koopa King King /
Koopa Koopa King King /
Koopa King King /
Koopa Koopa king king /
Master Enemy /

Get up, get your Mushroom”

Lo-Rez: arte, storia, web design
17 . 12 . 2016

Guerra nessuno fa grande

Recensione di Rogue One. Tanti spoiler e niente odio. Lungo.

Uno degli aspetti più affascinanti della mitologia di Star Wars è questa leggenda metropolitana secondo cui Lucas avrebbe scritto un retroscena per ogni avvenimento citato o mostrato (anche di sfuggita) nella saga. Secondo quello che si racconta ogni comparsa avrebbe avuto un nome e una storia di background, anche quando era necessario solo un suo passaggio fugace davanti alla camera.
La forza di un'idea del genere è riuscire a suggestionare al punto di far credere che, in qualche modo, persino la vicenda di un film come Rogue One, che arriva nelle sale a decenni dall'originale con un'operazione che si può considerare per certi aspetti discutibile, esistessero già in quella Galassia lontana lonanta e noi abbiamo solo deciso solo oggi di puntargli addosso i riflettori

Operazione discutibile, per una recensione di letizia come questa, è un termine forse troppo forte, eppure non me la sento di rinnegarlo. Intendiamoci, Rogue One è un film piccolo, è quasi una produzione da VHS di lusso eppure in questo ha gran parte delle sua forza. Non ha bisogno di essere arrogante e sfacciato, non ha bisogno di rubare la scena a tutto il pregresso. Brilla di luce riflessa, della sfolgorante luce riflessa della trilogia originale (niente primi ordini, frignetti e cazzate) e gode di quella libertà che abbiamo potuto vedere forse proprio solo in Clone Wars, cioè della libertà di soffermarsi e approfondire le piccole cose, attività che spesso fa riflettere più che stare ad abbronzarsi alla fiamma di quelle grandi.

Rogue One è un film sporco, ma sporco sul serio. Riesce a trasmettere quel senso di angoscia e oppressione in riferimento all'Impero che sfugge alla trilogia originale, dove il cattivo poteva permettersi il lusso di essere cattivo solo perché era scritto sull'etichetta, mentre nel mondo la gente suonava trombette, si divertiva e ballava allegra. Allo stesso modo riesce a raccontarti come la corruzione della guerra agisca su entrambi i lati, riesce veramente a mostrarti il sudiciume che anche una ribellione sacrosanta può portarsi dietro. E lo fa benissimo attraverso al personaggio di di Cassian, che vediamo uccidere a sangue freddo un informatore per proteggersi e poi nel ruolo esplicito di sicario. Sono finiti i tempi in cui combattere per i buoni significa essere cavalieri in scintillanti armature.

Sembra incredibile, ma non sono i personaggi e le loro alchimie il cuore di Rogue One. Al di là della coppia di Chirrut e Baze, su cui sentiremo favoleggiare per anni se tutto va bene, tutti gli altri protagonisti del film sono lontani dall'aura di sacralità a cui ci ha abituato la saga di Star Wars, sia da un punto di vista della storia, sia anche da un punto di vista più strettamente cinematografico. Ed é giusto così perché quello che rappresentano è un gruppo di sacrificabili, ma sacrificabili veramente. E' forse la prima volta che un film riesce a rendere così bene questo concetto e soprattutto riesce a farlo perché é esattamente ciò che vuole mostrarci. Sacrificio non è un'orpello per abbellire il risultato dell'impresa o la spezia piccante per rendere l'avventura più saporita. Sacrificio è sacrificio.

A questo punto potrei arrivare dritto al cuore del film e sviscerare il suo fondamento, che dal paragrafo precedente i più potrebbero avere già intuito. Prima però teniamoci più allegri con qualche dato tecnico.
Vi ricordate quanto me la presi, ai tempi della Campagna dell'Odio, con la sciattezza della realizzazione dei mezzi di VII, la pochezza del loro design e in generale la scarsità di immagini che esaltassero? Ecco, è tale invece l'arte che Edwards e i suoi riescono a mettere in questo piccolo film che il semplice avvicinarlo al Risveglio della Forza umilierebbe quest'ultimo più che sculacciarlo tenendoselo sulle ginocchia. Al di là del senso di sporco diffuso e del forte realismo che si prova ad avere a che fare con la tecnologia esposta è proprio il modo di porla in scena, con la cura maniacale che era stata della saga originale, a commuovere.
Tornano finalmente squadriglie composte di astronavi di diverso tipo, torna la dimensione di uno scontro credibile, torna il senso di flotta, ovvero di gruppo vasto di mezzi che si muovono tutti insieme e si danno battaglia. E, se non vi basta, AT-AT che avanzano minacciosamenti per le foreste, grandi shuttle che decollano, la potenza della tecnologia imperiale mentre calca un suolo reale.
Abbastanza per avere doppiamente il nervoso tutte le volte che ripenso alle tre astronavine a pelo d'acqua sul laghetto che cercano di rappresentare l'arrivo della cavalleria.

Il cuore di Rogue One che mi ora tocca spoilerarvi per dare un senso a questo testo, però lo sappiamo ed è giusto parlarne: muoiono tutti.
Personalmente, ho capito che nessuno si sarebbe salvato in questo film forse quando K-2SO, per primo, cade (in una scena di grande impatto emotivo), quindi da lì le altri morti non mi hanno colpito terribilmente, nel proseguire della battaglia. Eppure quest'idea che i protagonisti della storia, i protagonisti di Rogue One dovessero essere spazzati via perché non erano protagonisti davvero, ma dovevano morire per fare spazio alla vera storia, mi ha colpito tantissimo ed dà un vero senso al film. Non è solo il senso di Sacrificio, come detto prima, a colpire, ma il fatto che finalmente abbiamo avuto un film sulle seconde linee, su quelli che non ce la fanno, su quelli che non possono contare sul potere speciale che li farà uscire vivi. Abbiamo dimostrato che anche la benedizione del cinema non sempre funziona e che anche gli eroi non hanno garantita l'immortalità, né effettiva, né storica (visto che di questo gruppo, nel resto dell'epica di Star Wars, si è persa traccia). Era questo, forse, quello di cui avevo bisogno da Star Wars. La conferma, ancora una volta, che si tratta di un universo in cui tutti gli strati sono ricchi di vita e dove quindi, anche spostandosi lontano dal cuore della sua narrazione, possiamo ancora imparare qualcosa.

Volendo, potrei anche pignolare su dei difetti, eh? Comic Relief a volte stucchevole (per quanto K-2SO sia un personaggio da promuovere), camei molto spesso stucchevoli e piuttosto gratuiti, il personaggio di Saw Gerrera giocato non benissimo, pur con tutto un carico di spunti per riflettere.
Non è niente però che intacchi la mia idea su Rogue One, ovvero che si tratti di un bellissimo, piccolo film

“[gli mettono un cappuccio] State scherzando! Sono cieco!”

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