Fantasmi in spiaggia
I nostri pensieri sono ancora tutti assorbiti dalle ossessioni vacanziere: come se a giugno partisse un conto alla rovescia, fluttuante sul nostro capo come in Death Note, che scandisce quanti giorni mancano alla fine dell'estate.
L'estate non basta mai, e ci prende l'angoscia... le parti a tempo, nei videogiochi, non mi sono mai piaciute.
Viaggi e/vacanze fatti o da organizzare non ci impediranno però, almeno su queste pagine, di interessarci tantissimo alle cose che succedono al di là dello schermo.
Come sempre, da ormai un quarto di secolo.
Settimana scorsa abbiamo tentato una sintesi tra queste pulsioni contrastanti: sole & mare vs la penombra della cameretta, e abbiamo catalogato alcuni videogiochi-mondo in cui fare i turisti virtuali.
Ci vorrei aggiungere anche l'ultimo giochetto di Guerre Stellari. L'idea migliore di Star Wars Outlaws sono le lunghe e dettagliatissime sequenze interattive in cui ci gustiamo il piatto tipico di ciascun pianeta. Ci fanno sentire davvero turisti spaziali, o perlomeno camionisti spaziali che pasteggiano nelle osterie più malfamate della galassia.
Ecco, vedi Ubisoft carissima che non ce l'ho con te per partito preso... sai farti detestare fortissimo, ma quando i tuoi ventimila impiegati nonostante tutti i tuoi sforzi per sopprimerli riescono a far brillare una debolissima scintilla di Grazia... io sono lì a coglierla.
Oggi però vorrei dirigere il mio pensiero verso il cinema, da tanto tempo assente su queste sacre colonne.
Sarei tentato di dire che non c'è stato nulla di interessante ultimamente, ma da quando in qua siamo vincolati a parlare solo di film nuovi? Spesso e volentieri mi sono lasciato trascinare dalla passione per roba vecchia... una passione insana che fa male ai numeri, ai clic, agli investitori pubblicitar-... HA HA HA!
Noi qui siamo liberi come i dervisci del deserto, e altrettanto solitari: non dobbiamo render conto a nessuno, tranne che all'Arte.
“Perdonate i miei peccati letterari, gli altri non contano”.
Sono molti i film con cui ho fatto viaggi vorticosi ultimamente, ma a proposito di peccati letterari sarà bene sceglierne uno solo per oggi: Exhuma (2024).
O Pamyo nell'originale coreano, ma preferisco il titolo più pacchiano da filmaccio di serie Z. Sì, un film coreano: sono un gran snob e mi irrita la popolarità di cui gode oggi questo cinema, sono geloso e vorrei parlarne solo io!
Ma film come questo mi spingono a gridare sui tetti: Exhuma! Un'esperienza travolgente, quasi mistica se ci si predispone col giusto stato d'animo.
Come sempre, meglio arrivare alla visione completamente impreparati, per assaporare fino in fondo lo shock culturale: basta dire che l'orrore è sopportabilissimo, se l'ho visto io può vederlo il più sensibile dei micetti.
Un giallo feng-shui in cui la vittima è la geografia, la mappa, il territorio. Bare incatenate e sepolte in verticale, fantasmi che ti chiamano al cellulare, balli di gruppo in palestra per allenarsi ai riti sciamanici, perfidi monaci giapponesi e patriottici geomanti coreani. Una scena di esorcismo che lascia sbalorditi.
Un palo di ferro piantato nel cuore della Penisola Coreana stessa.
Come Smiley
Quando arrivò Andor eravamo così disperati che lo elogiammo al di là dei suoi limiti oggettivi. Avevamo ormai perso la speranza di vedere qualcosa di buono uscire dal franchise di Star Wars e la sua venuta al mondo fu un piccolo miracolo. Vero, c'era già stato Rogue One a mostrare che si poteva fare ancora delle storie di SW che valesse la pena raccontare, ma da Rogue One le cose avevano continuato a peggiorare per anni, per cui eravamo ancora più sconfortati.
All'arrivo della seconda stagione di Andor eravamo già pronti ad adorarlo senza nemmeno sapere cosa ci fosse dentro. In fondo già il fatto che fosse stato realizzato era un piccolo miracolo perché le grinfie Disney, incapaci di accettare che qualcuno avesse fatto qualcosa di buono, avevano provato a sabotare il progetto in mille modi, fino a ridurlo a un'unica seconda stagione conclusiva con budget un po' così e con dei segretari di produzione che facevano degli scherzi da prete agli autori durante le riprese.
Andor, però, come tutti questi prodotti che riescono a emergere nonostate il mercato sia fatto per uccidere il bello, ci è arrivato arcigno e incazzato, con un certo desiderio di vendetta, innervosito e ha deciso che poteva fare quello che voleva, anche non farsi volere bene. E allora, ok, bisogna dire che un po' tutto l'inizio della serie è lentina, la storia di lui che non riesce a uscire dal parcheggio col TIE patetica, il ribelle chiamato Porko (PORKOOOO!) e tutta la sua combriccola assai accessori e insomma, ok, noi siamo qui a volergli bene, ma bisogna impegnarsi.
Andor, guardato con un occhio superficiale, è una palla tremenda, con dei cali di ritmo che non perdoneremmo a tanti altri e alcune frange di trama che vanno un po' per conto loro eppure ha continuato a lasciarsi guardare e io ho continuato a guardarlo finché alla fine non ho capito che un po' era un problema mio, che in fondo era una storia di spie, non una storia di avventure spaziali, una storia di spie alla LeCarré.
Non so se avete presente i personaggi di LeCarré, questi personaggi che fanno nominalmente il lavoro più eccitante e pericoloso del mondo, ma vivono una vita noiosa, sognando di essere dentro un Segretissimo. Li vedete che vorrebbero saltare da un motoscafo all'altro tenendo in braccio una biondona in bikini mentre premono il grilletto col pisello (scena che in Segretissimo non c'è eh, ma io ho conoscenze, chissà che non potrebbe esserci un giorno) e invece sono chiusi nei loro appartamenti di quaranta metri quadri con la tappezzeria inglese anni settanta nell'attesa che l'acqua calda bolla per farsi un té. La frustrazione di essere eroi e non potersi comportare da eroi, la consapevolezza che la propria vita è uno schifo senza l'adrenalina che ti offusca i sensi e ti fa sembrare tutto figo. Perché i romanzi di LeCarré sono bellissimi, ve lo assicuro, delle profonde riflessioni sulla moralità e sull'uomo, ma non sono, non sono proprio dei romanzi d'azione.
E Andor non è un romanzo d'azione, ha delle scene d'azione, ma molto spesso è costituito di persone che si guardano in faccia e non sanno cosa fare, del fremere dovuto a rimanere acquattati nell'ombra, della frustrazione di vedere i cattivi camminare per corridoi e non poterli spingere giù per abissi di acciaio (vi ricordo che il mondo di Star Wars manca di parapetti). Andor è tutto questo e, incredibile dictu, si può fare qualcosa di molto bello anche con questo, perché alla fine dei suoi dodici, interminabili episodi, devi ammettere con te stesso che Andor è realmente un capolavoro, con i suoi personaggi che seguono precise parabole evolutive, i suoi punti di svolta, i suoi momenti di dramma. Il suo protagonista che pure sai compirà il suo destino altrove, in un film che hai già visto, eppure merita di essere visto fino all'ultimo frame nel suo cammino dolorosissimo e schifoso, che ti fa venire voglia di tornare agli anni ottanta, quando per te ribellione era solo un esercito che compariva improvvisamente su un pianeta sconosciuto mentre tu cercavi di scoprire come funzionasse una spada laser. E' uno dei migliori Stellan Skarsgard di sempre, che dopo una carriera campata sulla sottrazione dell'archetipo svedese costruisce le due facce diversissime e terribili dell'elusivo Luthen in una parabola che ti fa imbestialire senza mai smettere di essere epica e, paradossalmente, è anche i monologhi sconclusionati di Saw Guerrera che, sul serio, non ho capito una parola di cosa abbia detto in tutta la serie e in generale non ho capito cosa ci faccia nell'universo Star Wars, ma è bello sapere che esiste.
Andor è ricchezza e calore in un mondo delle serie TV che sembra Hoth e lo è per i fatti suoi, per il rapporto particolare che crea con i fan di Star Wars e anche con i fan delle serie TV, quel rapporto particolarissimo che non funziona per le grandi masse e non ti fa avere successo sui social proprio perché è qualcosa di più importante. E' un'emozione che rimane tra te e lui e su cui non riesci a cliccare né mi piace né condividi.
E, a posteriori, il fatto che abbia sbavature e rallentamenti glielo perdoni. Glielo perdoni perché una sceneggiatura che è stata rimaneggiata dozzine di volte da una produzione isterica a un certo punto, quando arriva a un certo livello, la mandi in produzione, non vuoi fargli fare il centododicesimo passaggio per vedere di smussare gli angoli, la realizzi e basta, anche se qualcosa è rimasto dentro solo perché quel giorno lì eri nervoso perché avevano cercato di infilarti di nuovo un Easter Egg su per il didietro (della sceneggiatura) e te ne eri accorto solo all'ultimo momento.
Andor è così, anche se i suoi personaggi avrebbero voluto essere in un Segretissimo. Oppure avrebbero voluto essere Jedi. Ma si sono sacrificati per rendere il mondo un pochino migliore.
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