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serie
1144, 30/12/2023 - Dodici passi
1144
30 . 12 . 2023

Mirror, Mirror

La situazione è disperata, ma non è seria.

Possiamo scegliere di essere ironici, o lirici: la terza via è soltanto la disperazione. È a questo che pensiamo quando guardiamo indietro verso il 2023 e avanti verso il 2024, alti su questo crinale sospeso tra nubi che ribollono come quelle (famose) di Sils Maria. Non male.
Tempo di bilanci e di propositi: Gödel nella strip di fine anno fa un'insolita autocritica, e si appresta a visitare tutti gli utenti a cui ha fatto un torto come Scrooge sotto natale... O forse ha solo letto Infinite Jest e vuole provare anche lui quella cosa che fanno gli AA. M-ma cos'è questo scenario domestico? Gödel, Clara, dovete dirci qualcosa?

L'ultimo giorno dell'anno ci costringe a confrontarci con il tempo che abbiamo passato, come con chi e a fare cosa ecc., ed è per questo che oggi qui ci terremo alla larga da tutte queste considerazioni. Già ci pensano Spotify e Sony e Xbox e Nintendo e Steam e tutti quanti, a mandarvi il vostro riepilogo personalizzato 2023.

(Per la cronaca, secondo Steam le categorie che ho giocato di più quest'anno sono state “Pixel-Art” e “Gatti”: onesto)

Non m'interessa oggi sgranare i giochi o i film dell'anno come in un rituale laico: ci sono una cinquantina di questi editoriali che hanno testimoniato in tempo reale l'annata dell'intrattenimento. Preferisco proiettarmi nel futuro, andare là dove non c'è bisogno di strade.
È tale il mio slancio che salterò a piè pari il 2024 per capitombolare direttamente nel '25, che sarà (forse) l'anno di GTA VI. Ho citato di sfuggita il trailer dei record quando è stato pubblicato, perché esso stesso è stato un evento popolare che non può lasciarmi indifferente. Il fomento e l'insana passione che circondano il gioco più ricco di tutti i tempi dilagano persino al di fuori del reame videoludico, si sono fatti Fenomeno di Costume™. Aiuta anche il fatto che non ci sono draghi, orchetti e astronavi in questo gioco, ma solo la cruda realtà in cui viviamo: è più digeribile per i media tradizionali, più comprensibile per gli organi di comunicazione più ingessati.
GTA è tuttora uno dei pochissimi videogiochi ad aver infranto il Muro del Suono, e squarciato il Velo di Maia per comparire persino nei telegiornali che guarda vostra zia sessantenne, povera donna! Come Doom e Tomb Raider, se ne è parlato per lo più male, ma come si dice... Se me ne fregasse qualcosa, dell'opinione di questi organi di informazione o dell'opinione pubblica in generale, potrei trovarmi d'accordo con le critiche all'eccessiva violenza e volgarità: soprattutto la volgarità mi urta e mi ha fatto abbandonare ben presto GTA V.
Ma il famoso trailer mi dà ragione di sperare in una trama meno crassa e puerile, perlomeno nella storia principale. Posso sperare insomma che GTA VI non mi parli più solo di pupù e popò e fantasie adolescenziali, e che la sua coppia di protagonisti-forse-amanti si sia lasciata alle spalle il puzzo dell'adolescenza per approdare a una qualche forma di maturità. Non è impossibile, questi stessi autori dopotutto hanno toccato vette assolute di epica e lirismo e malinconia in Red Dead Redemption 2 (una storia adulta se mai ne abbiamo vista una).
Lo spero perché in tal caso potrei forse precipitare nell'insania di giocarlo, questo GTA VI, e godere così delle sue vedute miracolose di città e spiagge e paludi. Quelle immagini sfoggiano una tecnica arrogante, prepotente, dai fenomeni atmosferici alla fisica dei capelli ai movimenti dei muscoli sottopelle all'infinità varietà di corporature e animazioni... non abbiamo mai avuto occasione di gettare lo sguardo così in là nel futuro del mezzo videoludico: è una discontinuità impressionante, una tecnologia che svetta sopra tutto quello che siamo abituati a chiedere a un videogioco.
Il potere dei soldi, la forza bruta che è possibile generare applicando investimenti senza fondo in persone e mezzi... il trailer di GTA VI è esso stesso una lezione di cinismo e materialismo, che trasporta nel Mondo Reale quel che i suoi giocatori sperimentano tutti i giorni all'interno del gioco online.
Per il resto, ci sarebbe l'amara constatazione che oramai la realtà ha superato persino gli abissi di abbruttimento ritratti da GTA. Oramai è GTA a dover rincorrere la realtà, e fatica a stare al passo! Tredici anni fa potevamo ancora notare una vena di satira, e GTA era lo Specchio Oscuro degli Stati Uniti d'America: per il 2025 la sfida sarà inventarsi qualcosa per scendere ancora più in basso di quel che laggiù vedono tutti i giorni, per riuscire ancora a scandalizzarci.

La situazione è disperata, ma non è seria. Il brutto ci assedia da ogni parte, e io che un decennio fa rifuggivo la volgarità di GTA V mi sono ritrovato gradualmente calato nella realtà di GTA V, come se scendendo nella tana del Bianconiglio avessi attraversato uno specchio deforme... sono circondato da sig. Spock con il pizzetto e capitani Kirk dittatori sanguinari.
Come abbiamo fatto a non accorgercene? È colpa nostra, ce ne stiamo rintanati in questo monastero shaolin solitario, facciamo gli Asceti Impenetrabili e intanto lasciamo che il mondo vada in malora. L'anno prossimo magari proveremo a mettere il musetto fuori dalla tana.

Lo-Rez: arte, storia, web design
30 . 12 . 2023

Il meme del capodanno

Mi è capitato di leggere in queste ultime settimane Il gene del talento e i miei adorabili meme, che è un libro di Hideo Kojima, nel senso che è una raccolta di articoli brevi che lui ha scritto ormai diversi anni fa in riferimento alle opere letterarie, cinematografiche o più genericamente culturali che lo hanno colpito nella sua vita e, di conseguenza, lo hanno influenzato nel suo lavoro.

Siamo da anni abituati a sentire la parola di Kojima sui prodotti più disparati, questa collezione di articoli è più interessante perché è un po' più senza il filtro dei media, ovvero permette di far emergere non solo gli apprezzamenti più clamorosi del maestro, ma anche alcune opere che raramente, altrimenti, salterebbero persino alla nostra attenzione. In particolare, fisiologicamente, c'è una notevole attenzione per la letteratura giapponese contemporanea, probabilmente anche con molti titoli che non hanno mai lasciato l'arcipelago e anche spettacoli televisivi, sempre giapponesi, che ovviamente potremmo non comprendere completamente fuori contesto.
In generale sentir parlare Kojima è molto interessante anche per questa sua umiltà con cui si approccia alle cose. La sua idea di meme, ben lungi da essere quella che abbiamo noi quando usiamo il termine, è quella di concetto che, veicolato da un'opera, riesce a innestarsi in coloro che ne fruiscono e, di conseguenza, replicarsi. Per Kojima l'artista (lui) non è mai realmente qualcuno che genera qualcosa dal nulla, ma qualcosa che connette assieme le proprie esperienze (i propri "meme") e da questi genera qualcosa di nuovo, che diventa meme a sua volta. Un po' come l'ho sempre pensata io, questo dona rispetto a qualsiasi media che sia riuscito ad arrivare alle persone e in qualche modo sia sopravvissuto alla sua stessa scomparsa dentro le persone stesse. Senza che in voi sorgano idee disgustose di alien e baccelloni e altra robaccia, persino una stupida pubblicità che vi ritrovate a canticchiare a distanza di vent'anni o che magari è diventata un modo di dire comune a suo modo è un meme, è stata progettata per esserlo ed è riuscita nel suo intento.

Parliamo anche di un libro sorprendentemente intimista, visto che Kojima non si fa problemi di usare i suoi riferimenti per parlare di suo padre, che ha perso molto presto, come anche della grave solitudine che lo ha afflitto per gran parte della sua vita o dei figli, i veri recettori dei suoi meme. E' ovvio che il fan, in tutti questi frammenti personali dell'autore trova facilmente alcuni degli spunti da cui sono nati sicuramente i tratti più filosofici dei suoi videogiochi. Più in generale la sensazione che si ottiene è la totale continuità che Kojima vede tra la propria vita, ciò che ha letto e sperimentato (e di conseguenza vissuto) e ciò che ha di conseguenza creato, in un mondo in cui tutto è composto unicamente di connessioni (esattamente come in Death Stranding, ovviamente) e in cui le connessioni aiutato a permetterci di sentire le altre persone più vicine.

Tra le varie cose prese in considerazione da Kojima, ovviamente, non mancano anche numerosi pezzi importanti della nostra cultura occidentale, ma sicuramente l'articolo più curioso è quello secondo cui lui non sarebbe mai diventato un avido lettore senza il Tenente Colombo. Ora, saresti un po' antipatichelli se andaste a recuperare il Tenente Colombo "perché lo guardava Kojima" dopo aver evitato di farlo quando avete scoperto "che lo guardavo io", ma comunque prendete nota che ci sono un mucchio di cose che "dovreste guardare" e che "non guarderete mai".

A chiusura del libro un'intervista e un articolo più vicini a noi, a ridosso dell'uscita di Death Stranding (che, come ben sappiamo, ha anche rappresentato un notevole salto lavorativo per Kojima) con alcuni aneddoti magari già noti a tutti sulla produzione del videogioco e alcune riflessioni. In generale è divertente sentire Kojima parlare in modo vago di quelle che saranno poi le meccaniche del gioco che ormai sono note a tutti perché ai tempi apparivano molto misteriose e effettivamente tutt'oggi possiamo considerarle, in molti casi, bizzarre (e non replicate da altri, aggiungerei).

In generale "Il gene del talento e i miei adorabili meme" è un libro ricco di spunti. Ovviamente non è scorrevolissimo da leggere essendo solo una collezione di articoli brevi, sarebbe bello avere un vero e proprio saggio di Kojima sul game design e la creatività in cui lui organizzi il suo pensiero per divulgarlo, ma in mancanza di quello parliamo di un documento che ha un suo valore "storico" e anche "artistico". Nulla vi vieta, oltretutto, di andare in caccia di tutte le opere citate da Kojima (sono riportate anche in un pratico elenco in fondo), attività dai vari livelli di difficoltà, opera per opera, ma stimolante. Soprattutto gli oggetti meno noti o più particolari potrebbero essere (parlando di Kojima) delle notevoli perle.

L'editoriale di fine anno, quindi, l'ho voluto dedicare alla lettura, attività che non faccio poi così spesso, ma perché in questo caso si è trattato di lettura, ma anche di videogiochi. Può essere però magari un auspicio per parlare di libri un po' di più in futuro, magari farlo tutti, perché di libri non si parla mai abbastanza. Questo ovviamente porterebbe anche acqua al mulino del me scrittore, ma ovviamente non lo dico per quello, i libri sono belli a prescindere, tutti. Anche quelli brutti hanno una ragione di esistere nel loro essere brutti. E' importante lo impariate.
Nel frattempo credo potrei anche concedermi di augurarvi buon anno!

“Non nego che uno dei metodi efficaci per creare un prodotto che venda bene e sia accettato dal pubblico di tutto il mondo sia seguire un approccio orientato al marketing, basato su vecchi successi a cui aggiungere elementi popolari. Non è cioè che voglio fare io, però. Semplicemente, non è divertente.”

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