Strip
serie
1116, 27/05/2023 - Committate sereni
1116
27 . 05 . 2023

Il tocco del Maestro

L'acrimonia ormai è un fuoco incontenibile che divora queste strip.
Solo un paio di settimane fa ci stupivamo della ferocia dei “sistemisti”, e anche oggi Gödel ci sorprende con minacce passivo-aggressive da manuale di psichiatria... troppo facile pensare che sia lo specchio delle vicissitudini umane dei suoi autori, ma non è così. I suoi autori infatti non sono umani: abbiamo accumulato in vent'anni un archivio di strip ed editoriali abbastanza corposo da addestrare un'Intelligenza Artificiale per scriverli al posto nostro, e da prima che diventasse di moda...!

Chissà se è vero, ma di sicuro è divertente insinuare il dubbio, ed è interessante che sia un dubbio assai credibile.

C'è appena stata una conferenza Sony in cui sono stati presentati un po' di giochi: quale occasione migliore per mettere alla prova la Rete Neurale che abbiamo tra le orecchie (o in un LLM che gira sulla mia scheda video in questo momento), e vomitare un po' di opinioni di quelle solite nostre, uguali a quelle cui vi abbiamo abituato da vent'anni?
Tanto più che sono state tutte delusioni: delusioni dall'inizio alla fine, perlomeno se vi interessava davvero giocarli, quei giochi. A me, che sono pensionato videoludico, bastava anche solo sognare con qualche video promozionale ben fatto, ché ormai mi alimento più di quelli che di smanettamenti col joypad.
Guardare e non toccare. Una pornografia videoludica.
Ci sono stati un paio di annunci che mi hanno accontentato, in questo desiderio modestissimo: sono stati Dragon's Dogma II, che si solleva dalla triste palude del fantasy medievale europeo grazie all'estro giapponese di CAPCOM (e poi il primo era un gran gioco); e poi soprattutto Marathon.
Di Marathon ho ricordi confusi di trafiletti su riviste, era mi pare l'araldo del videogioco su Mac (e si vede bene che fine ha fatto). Ma questo trailer che lo riporta in auge è meraviglioso. La direzione artistica di Bungie davvero non perde un colpo, anzi riesce ogni volta a superarsi: io che sono agli antipodi del gioco competitivo online riesco quasi ad esaltarmi per ogni nuova espansione di Destiny 2, solo in virtù della sua arte eccezionale.
Mangiamola con gli occhi, l'arte di Destiny 2. Dima Goryainov e Joseph Cross sono dei maestri.
Colori vivacissimi, materiali ipertecnologici, lune distrutte ma perfettamente allineate ai loro pianeti: anche in questo Marathon ritroviamo gli elementi della stessa visione artistica, ma non contaminati dalle influenze fantasy esoteriche che davano così tanta personalità a Destiny. Ma va bene ogni tanto cambiare un po': questi nuovi corpi sintetici sgargianti sono talmente credibili che sembra di poterli costruire davvero, domani. Probabilità che io lo giochi: 0%

Fin qui tutto bene, ma dicevo delle delusioni: è infatti un giorno molto triste, il giorno in cui mi rovinano la festa per il remake di Metal Gear Solid 3. È proprio un brutto mondo, quello che riesce a corrompere persino la gioia di questo annuncio.
Il filmato che ci porta questa lieta novella è una robetta dilettantesca, noiosa come la pubblicità di una pastiglia per la lavastoviglie.
Che tristezza: senza il tocco del Maestro, persino MGS3 viene riportato su un piano terreno.
Nessuno era curioso di vedere cosa avrebbe fatto Konami di Metal Gear Solid senza Kojima, tutti temevano il peggio, e questa ne è la conferma. L'unica speranza a cui aggrapparci ora è che sia un rifacimento pedissequo, che non cambi una sola linea di dialogo, una sola inquadratura, un solo movimento di camera, un solo chara-design, un solo elemento del gameplay... Mi basterebbe un rinnovamento tecnologico, alta definizione audio e video, controlli moderni, e nulla più: basterebbe questo e avremmo il titolo dei sogni, un'opera di potenza inarrivabile, con le tre ore finali che sono tra le vette assolute del videogioco.

Lo-Rez: arte, storia, web design
27 . 05 . 2023

Chi ha paura del Link cattivo?

L'uscita di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è stata un mezzo terremoto nella terra inesistente dei videogiocatori. Breath of the Wild aveva già fissato nuovi parametri per l'avventura open world e a un certo punto era sembrato quasi che il suo seguito dovessere essere un more of the same, ma quando il gioco è arrivato ai primi recensori tutti hanno (nuovamente) gridato al miracolo e l'onda, alimentata dalle vendite, ha travolto tutto.

Dobbiamo un po' fare la tara alla questione. Esiste qualcosa nel mondo dei videogiochi che potremmo proprio chiamare "Zelda Effect" e che non credo la scienza possa spiegare. Per qualche ragione esiste una vasta popolazione di persone che, all'uscita di uno Zelda, provano l'urgenza di acquistartlo a prescidendere da cosa sia, semplicemente perché si tratta di uno Zelda. L'N64, la console Nintendo che è ufficialmente considerata il suo primo fallimento, nel momento in cui uscì lo Zelda della sua generazione vide un picco di vendite che lo portò in testa a tutte le classifiche per un paio di settimane, inteso sia come vendite console che come vendite di gioco. Insomma, nessuno possedeva il N64, lo comprarono tutti per giocare a Zelda.

Tuttavia di fronte a quello che sta accadendo oggi non c'è cinismo che tenga, c'è qualcosa intorno a questo Zelda che sembra veramente capace di cambiare la storia del videogame, un certo non so che che fa vibrare le fondamenta tutte del videoludo e mette in dubbio le nostre certezze. Il nuovo Zelda è bello in una maniera che non era contemplata per i videogiochi, esce dai parametri di giudizio a cui siamo abituati ed esce anche dalla nostra comfort zone. La sensazione è che il nuovo Zelda sia qualcosa che non possiamo controllare.

Per questo, credo, il sentimento che leggo spesso negli articoli che cercano di discutere questo fenomeno è: paura. Paura di non poter più usare i parametri di giudizio che abbiamo sempre usato e, forse, paura che questi parametri non abbiano cominciato a essere rotti da adesso, ma che lo siano sempre stati. Paura che accettare che un gioco sia instabile all'uscita sia stata una grande truffa propinataci da grandi truffatori e non un fatto della vita che i più scafati accettano, paura che la direzione grafica sia qualcosa di diverso dal fotorealismo, paura che ci sia ancora qualcuno che si accorge del gameplay. Questo articolo assieme a tanti altri si alza stizzito contro con coloro che credono che un gioco per raggiungere le vette debba consumare più hardware il che ovviamente precluderebbe qualsiasi gloria allo Switch. Parliamo insomma di un problema che risale alla radice del problema, quando Nintendo ha messo in campo, non per la prima volta, una strategia a dir poco stravagante e ora porta a casa di nuovo il risultato. I soloni del videoludo, quelli che vorrebbero spiegarci come gira il mondo e che hanno sempre nicchiato di fronte alle scelte della grande N non sono riusciti a prevedere Zelda, anzi, a mezza bocca hanno sempre accarezzato l'idea di denigrarlo, solo ora non possono, nel mondo in cui il mercato ha scelto, nel momento in cui i videogiocatori hanno potuto vedere.
Di certo Soloni con queste strane idee qui in FTR non ce ne sono mai stati. A parte il fatto che Link è un nostro personaggio, tornato per l'occasione in onda settimana scorsa noi siamo gente che i tech demo li abbiamo sempre schifati. Il cantore della direzione artistica e della magia del pixel è Lo-Rez, io non mi spingerò molto avanti in questo senso, ma il discorso è sempre da riferire al vecchio adagio: non importa quanto ce l'hai grosso, dipende da come lo usi.

C'è poi un altro discorso che invece mi interessa maggiormente e che riguarda Zelda, ma a suo modo coinvolge anche la seconda iterazione di Horizon Zero Down. Qui stiamo parlando di giochi in cui la progettazione del mondo non ha riguardato solo il background, ma una batteria di dinamiche intrecciate che hanno portato poi l'esperienza di gioco a emergere. In qualche modo parliamo di vera e propria attività demiurgica, divina in cui inserire poi un personaggio. Che poi il personaggio debba avere uno scopo, che debba giocare è fisiologico, perché tutti se andiamo in altro mondo ci andiamo per fare qualcosa, ma anche così il fulcro è sempre ricreare un'esperienza che sia vasta ricca, a suo modo realistica e accattivante. Entrambi questi giochi, nei loro seguiti, hanno dovuto insistere proprio in quello che li aveva resi famosi ovvero il motore delle loro personali realtà, espandano ciascuno il suo, senza togliere niente di quanto fatto prima, arricchendo l'esperienza e quindi rendendola sempre più vicina qualcosa come una vita.
Gli Open World, tutte le volte che si aggiornano, diventano oggetti più complessi. E' fisiologico che, una volta che i loro autori hanno imparato cose, quello che vogliano sia aggiungere altre cose. Si viene quindi a creare un processo che rende questi luoghi sempre più luoghi e sempre più solidi.
A questo aggiungete anche gli sviluppi odierni e estremamente di moda delle Intelligenze Artificiali. Non so quali saranno le loro applicazioni nei campi più estremi, ma finché parliamo di videogiochi quello che può significare avere un personaggio che parla in maniera credibile senza avere un testo scriptato o avere una valle che viene generata senza apparire completamente casuale è la chiave di volta per un salto di qualità che è un salto di epoca dei migliori Civilization, l'inizio di esperienze profondamente diverse da quelle che facciamo oggi.
Si, diciamocelo una volta, per la prima volta credibilmente: siamo in rotta diretta e veloce verso veri e propri mondi virtuali.

Potremmo innestare su tutto questo il tema del metaverso, ma è ancora presto. Voi crederete che come tutti i commentatori fancy siamo qui per prendere per il culo quel tipo di tecnologia, ma la realtà che le attuali implementazioni sono ingenue e poco utili, ma quello che si fa oggi è qualcosa che in un futuro prossimo sarà alla base di una rivoluzione.

E in tutto questo, naturalmente, c'è qualcuno che ha paura. E' intrinseco nella storia dell'uomo.

“Lenin aveva compreso con notevole acutezza la forza rivoluzionaria implicita nello sviluppo delle nazionalità oppresse sia della Russia zarista sia del mondo intero. Ai suoi occhi non meritava che disprezzo quel "pacifismo" ipocrita che "condanna" in egual misura la guerra di asservimento del Giappone contro la Cina e la guerra di emancipazione della Cina contro il Giappone.”

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