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serie
939, 02/11/2019 - Rabbit Stranding
939
02 . 11 . 2019

Homo Demens

Nella notte delle streghe le cateratte dei cieli si sono finalmente spalancate, e Death Stranding è disceso sul mondo in una pioggia martellante di Informazioni.

Ma come scrive Eliot, “quanta conoscenza si perde nell'informazione, e quanta saggezza nella conoscenza?” E dunque siamo qui ad interrogarci se davvero non si stava meglio prima, quando Death Stranding era soltanto un'idea astratta, perfetta e inconoscibile.
Il diluvio delle recensioni, dei video e dei commenti già minaccia di sommergere tutto e tutti, e il gioco non uscirà che la prossima settimana. Per quanto mi riguarda so già quel che devo sapere: Death Stranding è l'esperienza totalizzante che era lecito attendersi dal Maestro, è il culmine di venticinque anni di carriera videoludica (la mia).

Avremo modo di discendere a insozzarci nelle pozze di catrame delle Polemiche che fanno parte della danza mediatica, affronteremo gli spettri della Gente Comune, scaleremo le montagne delle Opinioni Su Twitter, trasportando sulla schiena il nostro pesante fardello di conoscenza... non oggi.
Oggi voglio restare insieme a voi nella contemplazione dell'Ultimo Trailer, il trailer “Scritto Diretto Montato Fotografato Musicato Interpretato e Presentato” da Hideo Kojima.

Non è cosa da lasciare indifferenti.

Il lettore accorto (?) noterà che il link conduce alla versione doppiata in italiano. Solitamente riservo la perversione masochistica del doppiaggio italiano alle opere che più disprezzo, ma in questo caso il mio intento non è ironico: pare che la localizzazione italiana sia di assoluto pregio. Nemmeno un Gualtiero Cannarsi nei paraggi, solo professionisti del cinema. Non so se cederò alla tentazione della via più facile, cioé di giocarlo nella mia lingua madre, ma almeno ora so che si tratta di una via praticabile. È già una vittoria.

Ma questa settimana la nostra attenzione va divisa giocoforza con altri pretendenti, che irrompono con prepotenza sulla scena dagli schermi del convegno annuale di Blizzard.
Tutte le polemiche legate allo spessore morale (inesistente) di questa azienda si sono sciolte come neve al sole non appena hanno fatto capolino le forme gioiose e colorate di Overwatch 2. Alla faccia di Hong Kong! La deriva disneyana sembra ormai completa: la direzione artistica è indistinguibile dai migliori cartoni animati Disney. Se sia un bene o un male, ognuno lo giudichi secondo il suo gusto.
All'estremo opposto dello spettro artistico ecco invece Diablo IV. Tutte le riserve di carineria e pupazzetti teneri e arcobaleni di Blizzard sono state prosciugate nella produzione di Overwatch, a quanto pare, lasciando completamente prosciugata la divisione che si occupa di Diablo: il trailer francamente sadico lascia un po' spiazzati, almeno fino a che non ci ricordiamo dei famosi Filmati Blizzard™ del passato, sinonimo di qualità ma anche di ferocia cruenta. (Non solo Diablo e Diablo 2, ma perfino Warcraft e Starcraft non lesinavano sul sangue.)
Da anni mi lamento che non trovo quasi più illustrazioni promozionali degne di essere collezionate e ammirate, perché l'industria si è spostata in massa sui video e sugli screenshot tratti direttamente dai giochi. Ma Diablo IV sarà un'eccezione, perché già il poco che è stato mostrato finora è oro colato, è arte ai massimi livelli.
Del gioco poco mi importa, mi fido ma fino a un certo punto. In ogni caso Diablo è uno sport, le emozioni videoludiche vanno cercate altrove.
Io un'idea ce l'ho.

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02 . 10 . 2019

Adesso non ride nessuno

Quando la Warner annunciò il progetto Joker pensai si trattasse dell'ennesimo tentativo di risollevarsi dopo disastri come Justice League usando, come al solito, Batman. Visto che Nolan ha reso abbastanza impossibile fare un nuovo film di Batman l'opzione era prendere la cosa più vicina disponibile a Batman, ovvero Joker. Nella mia testa questo rendeva un'iniziativa disperata ancora più disperata.
Quando sono usciti i primi trailer la mia perplessità è rimasta lì, insomma, non è che ci vedessi niente di stimolante. Era evidente che non ci trovavamo davanti a un marvellone come che non ci trovavamo davanti a un baraccone come Suicide Squad, quindi cos'era Joker? Continuavo a guardarlo con sospetto.
Poi, inaspettatamente, quella cosa lì del Leone di Venezia, l'isteria collettiva e il successo planetario. E la domanda sempre lì: cos'è Joker?
Alla fine, settimana scorsa, sono andato al cinema. (Fermi lì! Dove credete di andare?).

C'è una meravigliosa ironia a pensare che per anni abbiamo detto tutti che la DC non riusciva ad avere il successo della Marvel perché faceva film tristi e alla fine lei ha ottenuto il successo globale facendo un film ancora più triste, ma evidentemente nell'opera di Phillips (che, ricordiamolo, è il regista celebre solo per Una Notte da Leoni, eh) c'è qualcosa di più, per questo un editoriale lo merita tutto.

E' una storia senza rete, quella di Joker, da questo punto di vista quasi un unicum cinematografico. La parabola di un villain vero, non un ammazzasette che fa qualche morto (come il discutibile Venom) e nemmeno la storia di una persona che cerca di riuscire nella vita e sbrocca alla fine solo perché non ce la fa. E' invece una discesa lenta in direzione (ostinata) e contraria rispetto quello che ci ha insegnato la cinematografia, verso il lato buio dello spettro. E non parliamo di un personaggio cattivo, ma di un personaggio problematico, esplicitamente malato mentalmente, oppresso da una società che lo rifiuta, ma che, al momento decisivo, sceglie scientemente la strada sbagliata, perché, come anche si chiedeva Moore ai tempi, il Joker non può essere solo frutto di una giornata storta, ma deve essere figlio di un atto volontario ad oltrepassare una certa linea.

Una delle prime cose da rilevare è come la malattia mentale del protagonista ha un costrutto fatto di diagnosi, traumi, imbarazzi e difficoltà. Chiunque affronta il mondo di Batman sa perfettamente che tutti i suoi personaggi (forse anche Batman stesso) sono pazzi, ma la pazzia è solo un liquido espediente narrativo per farli comportare in modo assurdo. Una delle prime intuizioni di Phillipps è stato capire che dietro quella parola c'era un mondo e che se voleva effettivamente affrontare il Joker con maturità quel mondo andava esplorato. E' la mossa vincente che dà un senso al film e lo affranca da quello che avrebbe potuto essere letto semplicemente come una trasposizione a fumetti, è anche il concetto che riempe la (non leggerissima) prima metà del film, che sostanzialmente è l'insensato sbattere contro i muri di una persona senza i mezzi per realizzare sé stesso, abbandonato e allo stesso tempo ferito da una società che non sa rivolgersi agli ultimi.

Nonostante questa premessa (nel bene e nel male) greve, la linea che tira Joker arriva, con estrema eleganza, al personaggio ghignante che abbiamo imparato a conoscere sugli albi DC, un'ennesima convincente riproposizione cinematografica del pagliaccio, con il suo enorme, oscuro carisma capace di riempire la scena, i suoi tempi grottescamente comici, la sua sicurezza di sé. E' l'altra mossa notevole: una volta deciso di non costruire questo film come un cinecomic ecco che comunque, il risultato è un fumetto, un fumetto tondo, soldi, di carne e celluloide, che impara dal tratto disegnato, ma non lo scimmiotta, lo porta avanti. Certo, lo porta avanti sulla stessa linea, ovvero lo porta avanti come tassello di un fumetto di supereroi, ma nel farlo non piega nessuno degli strumenti del media in cui si trova.

E' ovvio però che le fole e le scene di isteria dei mesi passati mi fanno arrivare qui, poco prima della conclusione, a fare alcuni doverosi distinguo. Perché è evidente, da quanto ho scritto, che il film mi è piaciuto. E' anche abbastanza evidente che, trattandosi di un cinecomic, il fatto che mi sia piaciuto è un mezzo miracolo, ma ovviamente qui qualcuno ha puntato molto più in alto, per cui c'è ancora una domanda da fare: Joker è effettivamente un film che merita il Leone D'Oro a Venezia? Ecco, forse no.
Intendiamoci. Magari il film non l'avete visto, magari avete letto commmenti sparsi, magari avete idea del gusto della Laguna e, alla fine, a unire i puntini potrebbe veramente sembrarvi che ci troviamo davanti a quel tipo di film: denuncia sociale, esplorazione intimista, climax spiazzante... Purtroppo però credo che il confirmation bias abbia, in questo caso, fatto lo sgambetto a molti. Joker è un film basato su un fumetto. E' un ottimo film basato su un fumetto. E' forse la prima vera interpretazione cinematografica di un fumetto che non rimanga debitrice del fumetto stesso (e quindi endemicamente zoppa), ma è quello: un film tratto da un fumetto (il ragazzo là in fondo che ha detto "graphic novel", l'ho visto. Fuori.).
E' un film basato su un fumetto perché le dinamiche con cui la storia di Joker si impasta con la parabola di Thomas Wayne è propria di un fumetto, è un film basato su un fumetto perché alla fine anche certi salti logici sono evidentemente dettati dal ritmo del fumetto, è un film basato su un fumetto perché alla fine vive anche di essere un tassello all'interno delle dinamiche di Batman (un Batman irrealizzabile, probabilmente, come universo, proprio per le scelte di questo film, ma pur sempre quello). In questi termini la sua qualità può essere elevata, elevatissima, ma in una direzione che non è quella che porta a ottenere un Leone d'Oro, nemmeno pesando il lavoro di Phoenix all'interno dell'opera. Rimane quindi aperto, per la mia personalissima sensibilità, il mistero relativo a come quel Leone sia stato assegnato. Certo, ormai i Festival fanno di tutto per essere un po' meno ingessati di un tempo, un po' più inclusivi, un po' più attenti al pubblico e al senso comune. E' un bene? E' un male? Personalmente lo vivo come un appiattimento. Ci sono cose che il cinema necessariamente esprime senza avere in mente la grande folla, esiste un cinema che passa da un gusto acquisito che non può piacere a tutti. Il rischio è che questo cinema ce lo stiamo perdendo.

Per una stoccata a ferire Joker una stoccata per difenderlo. Si è sentito in giro che è un film "populista" perché schiera i ricchi contro i poveri e istiga i poveri a prendersela con i ricchi. E' un'assurdità, o meglio, è il meraviglioso risultato di quello che lo Spirito del Tempo ci fa vedere, spesso in luoghi dove non c'è nulla. Joker risulta per tutta l'estensione del film il cattivo della storia. Tutto quello che discende da lui non è né giustifica né auspicato dal taglio della regia. In questo senso è evidente che la rivolta, come trionfo del caos, non può essere vista come positiva, come invece dovrebbero leggerla le più ottuse correnti di pensiero populiste. Dirò di più: il fatto che Joker, in quanto araldo del caos, incanali il malcontento degli ultimi e lo trasformi in sommossa, è una cosa che già i fumetti di Batman propongono. Non è molto diverso da quello che fa Bane nel terzo film di Nolan. Non è tanto mostrare la necessità di una rivoluzione contro una società menefreghista, quanto far vedere che nel momento in cui gli strati inferiori perdono speranza nella società (perché di questo stiamo parlando) allora in mezzo a loro propera la violenza e l'odio. Certo, avremmo potuto avere un Thomas Wayne più accomodante, meno spigoloso, ma in realtà meglio così, che di immagini santificate del papà di Bruce ne abbiamo un po' piene le tasche. Di certo nemmeno lui è un personaggio assolutamente positivo, ma è anche vero che la sua volontà di salvare la città non viene messa in discussione in alcun fotogramma, sottolineando una volta di più che la via suggerita non è scendere in strada e dar fuoco alle macchine.

In conclusione? Al netto delle derive e delle discussioni fuori misura, Joker è ottimo per quello che è: un approfondimento cinematografico di un personaggio terribilmente iconico della cultura popolare. In questo senso il lavoro di Phillips è stato gigantesco. Certo, scordatevi del gran ritmo, soprattutto nella prima metà, e l'unico personaggio femminile mostrato è decisamente accessorio, ma a parte queste sbavature il prezzo del biglietto lo vale tutto.

“How 'bout another joke, Murray? What do you get when you cross a mentally ill loner with a society that abandons him and treats him like trash?
I'll tell you what you get! You get what you fuckin' deserve! ”

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