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serie
672, 28/06/2014 - Lavori a confronto
672
28 . 06 . 2014

Mana

Qualche settimana fa la sconcertante scoperta dell'attuale occupazione di Serpente Solido: addetto alle pulizie nell'azienda che impiega gli altri personaggi della nostra serie Jobs.
Come sia finito il soldato perfetto, veterano di tante guerre, a fare un lavoro così umile è tuttora un mistero (ma non preoccupatevi, tutti i retroscena saranno narrati in una miniserie speciale che pubblicheremo a breve! Ma anche no). Quel che è certo è che il diretto interessato pare accettare di buon grado la nuova occupazione... dopotutto, sempre meglio che fare il Sistemista!

Oggi ci prenderemo una pausa di riflessione dal circo sbrilluccicante del divertimento elettronico, con i suoi video promozionali e i proclami e le svendite estive. Oggi voglio dirigere la vostra attenzione, se mai ciò sia possibile, su un argomento che mi sta molto a cuore: le origini storiche e filosofiche del concetto di “Mana”.

Lo so, tutti morite dalla voglia di saperne di più, vi rigirate sull'asciugamano in spiaggia senza tregua, avete abbandonato a metà la coppa gelato e adesso sta colando tutto, ma non vi importa: avete sete di conoscenza. Cosa diamine è questo mana fantomatico che compare in innumerevoli giochi, soprattutto i giochi di ruolo che tanto piacciono a noialtri?
Questo trattatello ha la risposta. Non solo spiega cosa sia il Mana, ovvero l'energia mistica presente in tante leggende e religioni dell'Oceania, ma soprattutto traccia il percorso di questo concetto da oscuro credo animista a termine onnipresente negli RPG moderni.
Come in tutte le cose che ci riguardano, anche in questa storia c'entrano i nerd strafatti della California negli anni '70.

“I'm a sad girl /”

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28 . 06 . 2014

Aiò

Sarò controcorrente e eccessivamente sincretista, ma personalmente mi è sembrato più di impatto Google I/O che l'E3. Google sembra aver deciso di andare a riempire completamente la nicchia del momento profetico che la dipartita di Steve Jobs ha lasciato vuota e che i suoi eredi non riescono a riempire. Così, quest'anno con più decisione che in passato, Google I/O, più che essere una specie di congresso di nerd che si parlano addosso di informatica figa, ha rappresentato una vera e propria dichiarazione di intenti per le tecnologie future, con un occhio abbastanza importante al mobile, ovviamente, e un'altro al web.
Bhe, I/O non attirerà ancora gli hipster patinati, certo, la conoscenza che dispensa non è altrettanto immediata rispetto ai prodotti Apple (e i suoi relatori si vestono tutti mediamente peggio), il problema è che le sue sfide tecnologiche vengono presentate come se ad ascoltarli ci siano degli hipster patinati. L'importante è che gli informatici che ascoltano non si mettano a comportarsi come hipster patinati.
L'elemento che mi porta maggior inquietudine rispetto all'evento è che non stiamo parlando di tizio che arringa le folle. Perché quando tizio (che poi si, sto parlando di Steve) arringa le folle, per quanto bravo sia ti è noto che il suo potere è limitato, visto che, alla sua dipartita, il suo fascino scomparirà con lui (e l'attività di Apple è lì a dimostrarla). In Google I/O, invece, è Google che arringa le folle e poi intendere Google come un'azienda (non cattiva, eh), ma ormai è lecito intendere Google come qualcosa di più, è lecito intenderla come un'entità, un soggetto multiforme e dai confini indefiniti che non fa nulla, nulla di decisivo, ma ti guarda e sai è capace di tutto. E una cosa del genere, mi dispiace, non ce l'ha, necessariamente, un momento in cui scompare, un momento in cui si consuma e esce di scena. Forse dobbiamo ormai veramente parlare di megacorporazione Gibsoniana (bhe, con le pareti degli uffici molto più colorate).
Potreste pensare che parlare di Google I/O è un po' fuoriluogo qui, perché alla fine è un evento che proprio non c'entra con i videogiochi. In questo caso, invece, devo ammettere che proprio vi sbagliate, perché se c'è una cosa che l'ultima console war sta mettendo in evidenza è che il futuro del videogioco è nell'interconnessione e nella rete, non solo in termini di giochi multiplayer, ma anche in termini di asset utili a giocare. E se è ben vero che fino a oggi Google si è chiamata fuori da tutto quello che può essere il videogioco in senso stretto è ben vero che, indirettamente, sta progettando le periferiche del futuro. Non ci sono limiti alle opportunità messe a disposizioni da Glass e tutto il mondo del wearable hardware ha potenzialità inaudite in campo ludico e se anche non avrà senso sviluppare videogiochi per lui, mi aspetto nel futuro abbastanza prossimo un fall-out di tecnologia che avrà impatto diretto sul prossimo hardware specifico del settore.
In ultimo Chromecast, una tecnologia arrivata un po' in sordina, non è altro che un nuovo e estremamente invasivo punto di accesso per fonti di videogioco già note (il mercato android), ma che possono raggiungere differenti bacini di utenza.
E, in ultimo, come non elogiare questo, il cybersogno erotico di qualunque hobbista, la vera sinergia tra tecnologia, divertimento e Art Attack. Non so quale sia la fattibilità reale di ciò, ma chiunque riuscisse a realizzare il visore e a goderne l'esperienza anche solo per cinque minuti prima che si sfasci, avrà la mia imperitura stima.

“Khorosho, khorosho. / Ya pridumala mest'. / Poroshok vse chto est'. / Umnozhayu na shest'. / Ne zvoni, ne zvoni. / Ya ustala, ya ustala. / Ya tebya ne khochu / Ty menya ”

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