Strip
serie
855, 24/02/2018 - Beta beta beta
855
24 . 02 . 2018

TMNT

Si capisce che siamo vecchi anche da strip come quella odierna: quando leggiamo “Beta Beta” inevitabilmente ci viene in mente Eta Beta... che poi chissà se i fumetti di Topolino saranno da sfigati oggigiorno, oppure se la cultura popolare li include nel novero della roba anni '80, e dunque sono oggetti di culto?
Non lo so cosa pensano i giovinetti d'oggi! Noialtri ci limitiamo a fare questo fumetto da 17 anni, non abbiamo tempo di stare aggiornati con le mode. Magari dopo diciassette maledetti anni potremmo anche pensare di dare una spolveratina al nostro sito, ecco, questo sì. Avete idea di come si riduce la tana di un coniglio in 17 anni?

Già che siamo dentro fino al collo nella nostalgia della nostra infanzia, tanto vale infilare in questo editoriale persino le Tartarughe Ninja, che sono tornate protagoniste in un videogioco.
Vabbé, non è proprio un videogioco, è il DLC di un videogioco (Injustice 2), e loro non sono davvero protagoniste, sono solo una comparsata molto illustre e si aggiungono ad innumerevoli altri personaggi selezionabili. Anche questo è un segno dei tempi.
Ma insomma, fa piacere lo stesso.

Basta così: il freddo che incombe sulla nostra povera penisola, come profetizzato dagli Antichi, già paralizza le nostre dita artritiche... Ma forse potrei dire qualcosa sul ritorno di Blanka in Street Fighter V, anche questa tutto sommato una gran botta di nostalgia. Sui social network non si parla d'altro: il costume alternativo di Blanka a forma di pupazzone di Blanka. Tutto molto meta, tutto molto social, ma io ovviamente mi sento morire dentro.

Lo-Rez: arte, storia, web design
24 . 02 . 2018

A funny trick, a head shake

Sette anni fa Lo-Rez intitolava un editoriale "Keep the streets empty for me" e visto che ho la tendenza a googlare tutte le frasi che non riesco a contestualizzare è così che ho scoperto la canzone dei Fever Ray. Da quel momento, all'incirca, ho ascoltato il CD omonimo continuativamente per circa un anno e fantasticato numerose volte di sposare Karin Dreijer Andersson, nonostante la sua figura pubblica al giorno, in accordo con il progetto del CD, fosse a metà tra uno zombie e una creatura demoniaca delle foreste svedesi, ma quelle brutte, quelle dove per l'appunto i gruppi più particolari vanno a farsi le foto per le copertine degli album.
Grazie a lei, comunque, sono diventato anche fan del suo gruppo di provenienza, i Knife, dove sostanzialmente c'è sempre la sua magnetica, ultraterrena voce associata alle qualita elettronicoacide di suo fratello.
I Knife sono più o meno sciolti, ma è poco importante, evidentemente lì l'elettronicoacido ha preso il sopravvento e gli ultimi album sono oggettivamente troppo particolari, almeno per il mio palato, per metterli in heavy rotation. Fever Ray, invece, quasi d'improvviso, è saltata fuori non molti mesi fa con un secondo album, Plunge, a cui ha collegato un tour europeo che ha toccato martedì scorso anche Milano.
Visto che tanto io vedrò si e no un concerto ogni due anni e tanto FTR parla di tutto e tanto questa è la colonna mia e ci faccio il caspita che ci voglio io, siamo qui a parlarvi del concerto. Che tanto (l'ultimo tanto) ormai il direttore di Rolling Stone è Selvaggia Lucarelli e immagino voi non sappiate più dove sbattere la testa.

Recensione del concerto al Fabrique, ma, a suo modo, anche riflessione su questo secondo album, fatta da uno che tutt'oggi è un fan, ma che dico fan, idolatra, del primo prodotto dell'artista.
Gli anni passati tra Fever Ray e questo Plunge si sentono tutti tanto che è quasi difficile fare un collegamento tra le due opere. La tensione verso il suicidio (tipica svedese) che permeava le atmosfere mortuarie del primo album (che erano, diciamocelo, il suo bello) sono state sostituite da una vitalità rivoluzionaria quasi punk, fatta di luci, colori e immagini particolarmente esplicite e disturbanti (per avere un'idea di disturbante guardate una qualsiasi immagine collegata all'album). La stessa Karin, che aveva nascosto dietro Fever Ray praticamente un'attività di solista, ha trasformato il progetto in una band girl power fatta tutta di ragazze dalle variegate provenienze, dove ognuna si presenta sul palco con un costume di grande impatto che denuncia forte identità e voglia di libertà. E' abbastanza interessante come, soprattutto nella performance dal vivo, il clima che si respiri, anche grazie ai colori e ai costumi, sia di grande giocosità. Nonostante i testi di Plunge abbiano espliciti richiami al sesso ("Every time we fuck we win", "I want to run my fingers up your pussy") la presenza scenica non è mai ammiccante né sensuale e anche quando le artiste sul palco si occhieggiano e toccheggiano l'impressione che se ne ricava è quello di un gruppo di liceali lasciate la sera a casa da sole a guardare film, piuttosto che qualcosa di realmente erotico. Personalmente ho trovato ciò molto bello perché la dimensione sessuale rimane presente, ma non è forzata. Dopotutto si è su un palco per ballare, cantare e divertirsi, non certo per flirtare.

Non posso però negare che Plunge non è esattamente quello che volevo come proseguimento di Fever Ray. La chimica formata dalle qualità di Banshee di Karin e dall'atmosfera dark è ben diversa dal porre la cantante al centro di un carnevale ribelle. L'album, a volte, sembra più richiamare i Knife degli inizi, soprattutto nelle sue track più forti (Wanna Sip e To the Moon and back), ma possiede anche molti (troppi) pezzi ascoltabili, ma che difficilmente lasciano il segno. L'unica concessione all'intimismo è data da Red Trails, che non a caso è forse il brano che preferisco, sebbene anche lui non abbia portato le sensazioni che cercavo all'estremo. A ulteriore conferma che il cambio di rotta ha allontanato Fever Ray da me, più che avvicinarlo, c'è stata nel concerto la riproposizione sul palco di molti pezzi del vecchio album con degli arrangiamenti che ho trovato poco più che... rumorosi e che non hanno fatto altro che annegare le note graffiate della cantante in sonorità inutili. Fortunatamente è stato invece conservato intatto il magnetismo di "Keep the streets empty for me", ma ho dovuto constatare anche qui il dominio nella cultura di massa dell'era moderna, visto che il brano è stato cantato meno di "If I had an heart" che sappiamo essere arrivato alle folle grazie a Vikings.

Non considerandomi un esperto di musica o anche solo un dignitoso recensore della materia, non penso di avere il diritto di tirare delle conclusioni né su Plunge né sul concerto che ho visto. Personalmente li giudico entrambi buoni prodotti, mi chiedo se avrei ascoltato tanto il CD senza la mia devozione al primo album. Ci sta, comunque, che un artista alla sua seconda vita, evidentemente convinta a fare ancora esplorazioni di vario tipo, "tradisca" il suo passato un passo dietro l'altro, per cui non si deve leggere negatività nelle mie parole. In fondo, io a Karin la sposerei tutt'ora, rasata a zero e con su quelle orribili brache da minion del Joker.

La maglietta L, comunque, mi sta larga. Dove caspia le decidete le misure?

“First I take you then you take me / Breathe some life into a fantasy / Your lips, warm and fuzzy / I want to run my fingers up your pussy”

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