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serie
524, 23/07/2011 - SEO expert
524
23 . 07 . 2011

Social marketing

Sento il dovere di scusarmi con voi per la strip di oggi, che raggiunge livelli di perversione difficilmente accettabili, sia pure nel periodo estivo in cui sono tutti più licenziosi.
Naturalmente la colpa è tutta di Cymon. È lui che scrive questa roba, dopotutto, io eseguo soltanto gli ordini... E capita che col caldo, con i giorni che trascorrono placidi senza notizie degne di nota, il nostro sceneggiatore debba ricorrere a questi vili trucchetti meschini pur di tener desta l'attenzione, e poter tirare avanti un'altra settimana.
Su altri fronti, però, ci stiamo dando da fare come non mai: o meglio, è Cymon che si sta dando da fare, perché io sono allergico alla roba social. Tra Facebook, Google+, Twitter, il forum e il nostro Social Network Segreto (sembra impossibile, ma c'è davvero), oramai si son perdute tutte le nostre ambizioni di restare isolati nella nostra gloria, di non cedere alle mode passeggere, alle tentazioni della fama.
Uno di questi giorni mi sveglierò e troverò una casella dei commenti sotto queste stesse colonne, e quel giorno sarà la Fine di Tutte le Cose...

Ma forse sto esagerando. Non ci siamo venduti così tanto: è che dopo 10 anni di splendido isolamento, in un momento di debolezza abbiamo ceduto alle sirene sociali, e alla gratificazione facile di veder salire il contatore dei piaceggiamenti.
Parlo al plurale, ma ovviamente il soggetto è soltanto Cymon.
Vorrei parlare d'altro, e lasciare queste faccende scabrose, ma vado molto di fretta: sto affidando queste righe all'invincibile RabbitBot™ che governa questo sito, con molti giorni di anticipo rispetto a quando saranno pubblicate. Per allora, infatti, io sarò in una galassia lontana lontana.
C'è tempo però di citare Bastion, il giochino RPG di cui tutti stanno parlando in questi giorni. Mi dispiace doverne parlare anch'io adesso, quando ormai le masse ignoranti l'hanno già scoperto, ma quando l'ho visto per la prima volta eravamo impegnati con le celebrazioni del nostro Decennale e non ne ho potuto parlare. Bastion è disegnato tutto in un 2D favoloso, e già questo basta a farmelo amare. Poi sembra che ci siano un paio di meccaniche di gioco davvero sorprendenti, tra cui una voce narrante che descrive sul momento quello che facciamo, e allora l'interesse sale ancora. Vedremo quando uscirà.

Ormai sono un paio di settimane che propongo suggerimenti musicali, e non c'è due senza tre. Dopo aver fatto precipitare Cymon nell'ossessione per i Fever Ray, manco fosse una tredicenne fangirl, vediamo se qualcuno gradisce questa Video Games, di Lana Del Rey.
Ovviamente mi ha colpito per il titolo e l'argomento, cioè che lei è tanto triste perché lui le preferisce i videogiochi. Soprattutto colpisce il fatto che non è una parodia, non c'è umorismo, ma anzi è un dramma strappalacrime, che canta l'amore triste come tante altre canzoni serissime. Però si dà il caso che c'entrino i videogiochi, tutto qui: del resto la tipa ha 25 anni, ormai è una generazione (la nostra) che si è abituata ai videogiochi come a uno dei tanti fatti della vita.
Certo, pare molto inverosimile che si tratti di un testo autobiografico, considerato chi è che canta... a meno che alla povera Lana non sia capitato davvero un Vero Videogiocatore d'acciaio, che in tal caso avrebbe tutto il nostro rispetto.

“Open up a beer /
And you take it over here /
And play a video game /
I'm in his favorite sun dress /
Watching me get undressed /
Take that body downtown /
I say you the bestest /
Lean in for a big kiss /
Put his favorite perfume on /
Go play a video game”

Lo-Rez: arte, storia, web design
23 . 07 . 2011

Non è mai troppo TARDIS

Voi siete al mare, io sono a Milano con la pioggia. Voi siete in vacanza, io lavoro ancora otto ore al giorno. Voi vi divertite, io no. Non riesco a non odiarvi. Quindi ora vi rovinerò l'estate.
Oh, non sembra, ma mi sento meglio.
Non sarà, questo editoriale, una recensione di Dottor Who, ma un lungo elogio fanboy. Perchè non ho ancora finito di vederlo tutto, perché non faccio le rece delle serie TV sfasato di anni e perché è estate e ho voglia di divertirmi.
La nascita di Doctor Who è datata 1963, Gran Bretagna. L'alba della fantascienza televisiva, la radice a cui tutti nerd dei decenni successivi sarebbero tornati per trovare sé stessi. Non è facile gestire la roba degli anni '60 oggi, è invecchiata, spesso è invecchiata male, spesso è ormai completamente fuori fase con il nostro universo. Molti appassionati di Lost e compari riderebbero di fronte a roba anni '60. Questa è una premessa che vi devo.
Asciugato all'osso il soggetto di Dottor Who è assimilabile a quello di un assurdo cartone giapponese: un alieno, un Timelord, viaggia avanti e indietro per lo spaziotempo in una cabina telefonica (che è più grande dentro che fuori, eh) portandosi dietro nei suoi viaggi dei companion umani (bhe, principalmente della gnocca) e affrontando numerosi pericoli, solitamente di natura aliena, spesso e volentieri capaci di minacciare l'intero pianeta Terra o una buona porzione di galassia.
Si, è una stupidaggine, la trama e gli espedienti sono ripiegati numerose volte su sé stessi al solo scopo di risparmiare sugli effetti speciali. Il tema dei paradossi temporali che può provocare una time machine è a malapena sfiorato, non parliamo di tutto il resto. Ma, ribadiamolo, è un'idea degli anni '60.
Nel mondo anglosassone dottor Who ha una risonanza non dissimile da quella che ha Star Trek. Cosplay, esauriti, fanboy, assatanati. E una produzione ininterrotta per trent'anni (TRENTA). Fino al '89 abbiamo una stagione all'anno, poi abbiamo una singola run nel '95. Si aggiungono radiodrammi, cartoni animati e chi più ne ha più ne metta. Una galassia che farebbe vacillare l'impero Star Warsiano.
Il 95, però, chiude la cosiddetta epoca classica. Non c'è da stupirsi, gli anni '90 hanno visto la prima vera rivoluzione delle serie TV moderne, il brand Star Trek l'ha cavalcata, ma dopo decenni in cui si era riposato, dottor Who invece era ancora lui, quello degli anni '60. Forse qualche telespettatore ha cominciato a ridere.
Nel 2004 però la BCC affida a Moffat (vi ho già parlato di Sherlock?) il compito di riportare in vita la serie e lui lo fa, ma la sua idea è tanto oscena, è una bestemmia di tale dimensione, che non può che spaventare oggi, a posteriori.
Perché Moffat NON FA un rebùt.
Non mi viene in mente nessun nome del dorato olimpo dei grandi producer televisivo che non avrebbe fatto un reboot di dottor Who in quelle condizioni. Ora, tralasciamo per un momento quel bimbo inutile di Geigei che si vanta quando fa i reboot, in generale è quasi impossibile credere di poter gestire del materiale come Dottor Who senza riscriverne le fondamenta. Dottor Who fa ridere. Fa sbellicare dalle risate. E' ingenuo, idiota, infantile, assurdo. Farebbe venire l'orchite a un pignolo trekker di medio livello per il modo in cui si contraddice, è pieno di creature stupide e illogiche... è... ecco, è dottor Who.
Alla base dell'idea di procedere nonostante i trent'anni alle spalle sono convinto ci sia anche l'orgoglio inglese di essere inglesi. Quell'orgoglio che li porta a non rinnegare niente delle scelte che hanno fatto, ma anzi, li porta a confermarle contro ogni ragione. Così nasce Dottor Who, la serie del 2005. E puzza ancora di anni '60. E questo è geniale. Perchè è molto più difficile gestire qualcosa che viveva di casse di legno e cartapesta che ingoiare un time vortex.
Perché i cattivi principali di Dottor Who sono i Dalek, dei fustini del Dixan con una ventosa, un fucile e una lucina da notte attaccata alla testa. E se li apri c'è dentro un polipino di gomma. Guardate le foto. Non sto scherzando.. Gente così negli anni 60 di Robbie the Robot andava bene, si intonava con la cartapesta, ma oggi come fate a passare l'idea che questi esseri siano i più terribili sterminatori della galassia? Quanti possono girare un episodio di elevata tensione narrativa mentre un fustino di Dixan minaccia di sterminare la razza umana con la voce della mia radiosveglia?
Ok, fidatevi, Dottor Who 2005 (e serie successive, eh) ci riesce, ci riesce benissimo. Perché prima di essere un soggetto, costumi o plot, dottor Who è un prodotto realizzato con un impegno tecnico di regia e costruzione degli episodi che difficilmente ha eguali. Supportato oltretutto da una recitazione (parlando dei dottori) mostruosa. Ogni episodio è costruito intorno a un'idea e l'idea può essere assurda quanto vuole, perché poi intorno gli viene montato il miglior universo possibile. E allora l'assurdità dell'idea diviene un valore aggiunto perché è qualcosa di nuovo, di genuino, di fresco. Qualcosa di innovativo direttamente dagli anni 60.
Vi immaginate che i manichini di tutto il mondo si animino e cerchino di conquistare il mondo sotto il comando di un alieno di plastica? Si può fare. Volete osservare la fine del pianeta Terra, mentre il sole diviene una gigante rossa e la inghiotte? Perché no. Vi diverte pensare che una razza di alieni si travesta da ciccioni scoreggioni e prenda il controllo dell'Inghilterra per trascinare l'umanità in una guerra nucleare? Si, anche quello.
E se poi volete andare proprio alle cozze cercate di spiegarvi come sia possibile che, dovunque arrivi, il dottore trovi qualche motivo per rischiare la vita e salvare il cosmo. Provate a farvi un'idea di come possa la serie essere lineare in tutti i suoi personaggi se è basata sui viaggi nel tempo. Fate un paio di ipotesi su quale teoria sia alla base della sua continuity. Avanti, divertitevi a giocarvi il cervello su questi interrogativi assolutamente privi di risposta.
Perché Dottor Who, nella sua immatura vecchiaia, abbatte la quarta parete e impone un principio televisivo heisenbergiano che spiega tutto e non giustifica niente. Nel momento in cui Dottor Who è osservato le cose si assestano, lo spettatore è parte attiva del processo narrativo. Il dottor Who arriva in un posto e in questo posto deve succedere qualcosa perché lo spettatore sta guardando. E l'unica timeline che ha senso considerare è proprio quella data dagli episodi. Poco importa che due personaggi si trovino la prima volta in un futuro lontano e la seconda nel 1800. L'episodio venuto dopo avviene dopo. E' l'inganno della televisione, è la seduzione che viene da un'epoca in cui gli spettatori erano pronti a credere a tutto, è quel gigantesco motore oggi arrugginito della sospensione dell'irrealtà. E, lo ribadisco per l'ennesima volta, funziona.
Potrei aggiungere la creazione di diversi personaggi memorabili, alcune rivisitazioni fantascientifiche di deliziosa intelligenza e cose così, ma sono quelli esposti sopra i principi fondamentali che rendono Dottor Who probabilmente una delle migliori cose di fantascienza che la TV ci ha donato in questo millennio: realizzazione tecnica maiuscola e completa libertà d'inventiva.
Bon, mi sono divertito come mi ero ripromesso, chiudiamo qui. Potevo approfittare della strip qua sopra per parlarvi estesamente del SEO, sapete, non l'ho fatto perché la strip non è abbastanza cattiva. E con i SEO expert bisogna avere occasione di essere veramente, veramente malvagi.

“We will destroy the cybermen with one Dalek. You are superior in only one respect. You are better at dyng”

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